Politica

Appalti e alberghi sul mare Così è affondato il «modello» del governatore

RomaGià lo chiamano Obama di Sanluri e in effetti Renato Soru nero lo è eccome. Di rabbia, però. Di gatte da pelare il governatore della Sardegna ne ha parecchie: prima impallinato dai suoi in Consiglio durante il voto sulla legge urbanistica, poi la bega del conflitto di interessi acuita dopo l’acquisto dell’Unità, quindi le inchieste della magistratura che fanno le pulci ai suoi appalti, poi le spericolate operazioni immobiliari in riva al mare. Proprio lui, il paladino delle coste, l’eroe dell’anti scempio. E mentre il Pd nazionale naufraga nella cosiddetta «questione morale» e tutti guardano a Soru come modello pulito e onesto, ecco che pure mister Tiscali annaspa nel pantano delle grane politiche e giudiziarie. Manca solo che spunti un legame col gruppo Romeo, ora nell’occhio del ciclone, e siamo a posto. E infatti un legame dovrebbe esserci visto che nel sito internet della «Romeo gestioni» Regione Sardegna e Asl 8 di Cagliari figurano tra le amministrazioni pubbliche che hanno rapporti di collaborazione con le società del gruppo.
Quello che fa tremare maggiormente il governatore, tuttavia, è il cosiddetto caso Saatchi & Saatchi. La Regione dovrà pure farsi pubblicità, no? Ecco pronto un mega appalto da 56 milioni di euro per il quale il pm cagliaritano Mario Marchetti ravvisa i reati di abuso d’ufficio e falso ideologico. Cinquantasei milioni di euro, mica bruscolini: e adesso Renato Soru sente puzza di rinvio a giudizio. Tutto nasce nel 2006 quando si decide di affidare la pubblicità istituzionale della Regione a una ditta esterna. Nelle sedute della commissione che deve verificare i progetti in gara succede di tutto: verbali accantonati, votazioni al limite del ridicolo. Insomma, quel lavoro doveva andare per forza alla Saatchi & Saatchi. Nel mirino della magistratura finiscono il governatore in persona, il dirigente regionale Fulvio Dettori, il rappresentante del colosso della comunicazione Fabrizio Caprara, i componenti della commissione che aggiudica la gara e i responsabili del consorzio Sardegna Media Faactoring, a cui sarebbe andato in subappalto un terzo dei lavori e che, guardacaso, annovera tra i suoi componenti imprese sarde al cui vertice figurano nomi che hanno collaborato o hanno avuto un ruolo dirigenziale in Tiscali, come i fratelli Benoni. Un pasticcio, insomma. Per il pm il regista di tutto è Soru perché, si legge negli atti di chiusura dell’inchiesta: «Agiva d’intesa con Caprara e con i fratelli Benoni, determinato Dettori a influire sui componenti della commissione perché il servizio di pubblicità fosse aggiudicato alla Saatchi & Saatchi». «Sono un uomo onesto», s’è sempre difeso Soru che, con le spalle al muro, ha bloccato tutto e annullato il mega appalto milionario.
Una mattonata in testa per il governatore che, a proposito di mattoni, ha un’altra grana sul cantiere di Funtanazza. Il patron della Tiscali, che di soldi ne ha bizzeffe, nel 2003 si mette in testa di comprare, per circa 7 milioni di euro, un bel po’ di terreno a un passo dal mare, nel comune di Arbus. «Lì sorge una vecchia colonia per i figli dei minatori - pensa il neopatron dell’Unità -, perché non farci invece un bell’albergo con tanto di piscina, centro benessere e impianto sportivo?». Ma come? Il tutore delle coste sarde, il peggior nemico dei palazzinari adesso si arma di cazzuola e cemento? Sì, ma appena appena e oltre i 300 metri dal mare, lì dove si può, ed è quindi tutto regolare. Ma scoppia il putiferio politico con l’opposizione che attacca lancia in resta: in quell’area, prima della giunta Soru, si poteva fare solo manutenzione ordinaria e straordinaria e il governatore s’è fatto una legge su misura per demolire tutto e costruire il mega hotel. Un conflitto di interessi grande come una casa anzi, grande come un albergo. Lui ha cercato di difendersi: «Ma quale conflitto di interessi... Ho acquistato Funtanazza nel 2003, prima di entrare in politica, prevedendo per l’aerea un progetto di recupero». Peccato che mister Tiscali sia sceso in campo nell’agosto del 2003 («ormai mi sono impegnato in politica») e l’acquisto dell’area è dell’11 dicembre 2003. Poi ci si mette la commissione edilizia che blocca il progetto perché mancano dati e relazioni tecniche e paesaggistiche e, insomma, sfiancato, Soru è costretto a mollare anche quel colpo: «Ok, per evitare strumentalizzazioni ritiro il progetto e metto tutto in vendita». Peccato che ora non possa vendere alcunché, visto che il bene dev’essere ceduto al comune di Arbus perché sono scaduti tutti i termini.
Poi l’annosa questione del conflitto d’interessi. Da sempre la sinistra, accecata dall’odio per Berlusconi, ha bollato la soluzione del blind trust come una patacca. E Soru che fa? Un bel blind trust: affida tutte le sue partecipazioni azionarie a Gabriele Racugno, un docente di Cagliari. A sinistra non si sentono mugugni.

Ma solo per ora.

Commenti