Arbitri, disastri ben retribuiti

N onostante il nuovo disastro domenicale, giustamente gli arbitri italiani chiedono che vengano versati loro gli stipendi, almeno quelli arretrati da gennaio a giugno. In caso contrario minacciano di scioperare nel prossimo turno, e forse questo non è poi così giusto, perché in fondo non si tratta di una categoria alla fame, anche se va riconosciuto che in certi casi il gesto eclatante resta l'ultima possibilità, soprattutto nella beata nazione dove si dà retta soltanto a chi urla di più.
Detto questo, c'è subito una curiosa coincidenza: proprio mentre agitano la minaccia dello sciopero, ecco arrivare alle giacchette nere i nuovi contratti di lavoro. Già che siamo in tema, conviene approfondire, calcolatrice alla mano: salvo errori di aritmetica, sono scoperte interessanti. Un arbitro di prima fascia guadagna il fisso di 70mila euro l'anno (per gli altri, comunque, 60mila). A questo va aggiunta la parte variabile, la più succulenta, simpaticamente chiamata gettone: per ogni partita, 3.400 euro. Immaginando che un buon arbitro arbitri le 38 partite di A, i gettoni gli fruttano in totale 129.200 euro. E lo chiamano gettone: una volta, con un gettone, si faceva partire il juke-box, o si faceva una telefonata urbana dalla cabina, o si faceva scendere la brodaglia delle macchinette per caffè. Almeno, cambiamo il lessico.
Diranno subito loro, che sono i signori della permalosità: parliamo di cifre lorde. Benissimo. Cerchiamo allora di andare incontro alle loro facoltà mentali: 129.200 di gettoni, più 70mila di fisso, dà praticamente un totale di 200mila euro. Lordi, va bene. Ma netti restano comunque più di 100mila. Cioè più di 11mila euro al mese nei nove mesi della stagione, cioè più dei 21 milioni di una volta. Diranno ancora: nessuno di noi però arbitra tutte le 38 partite di A. Risposta: c'è poi l'ambaradan delle partite estive, ormai una dietro l'altra. Aggiungesi denaro fresco.
Rialzando la testa dai numeri, la domanda che bisogna porsi resta una sola: è equo che un arbitro, benché bravo, guadagni più di 21 milioni netti al mese (in lire) per dirigere quattro partite di calcio? A ciascuno la risposta. Siamo nel campo dell'opinione personale, dunque dell'opinabile. Personalmente, cerco di sgombrare il campo e la testa dagli stupidi moralismi. So che arbitrare è stressante, so che è difficile, so che è anche faticoso. Eppure, tutto questo non riesce ad impedirmi di dire che certe cifre restano scandalose.
Il problema è che ormai questa brava gente del mondo arbitrale si è ritagliata una zona franca, per cui diventa quasi blasfemo metterla in discussione. I nostri arbitri sono intoccabili, come le vacche sacre che circolano in India. Vietato sfiorarli, si finisce subito in zona scomunica. Eppure, più di 21 milioni al mese (in lire) per quattro partite di calcio restano un'esagerazione. Punto.

Certo loro sono bravissimi a infilare tra le righe il sottile ricatto, il più subdolo di tutti: dobbiamo guadagnare bene per evitare la tentazione della corruzione e degli imbrogli. Bravi. Come se l'onestà fosse a tariffa. Ma a parte questi discorsi troppo alti, guardiamoci un attimo indietro: non risulta che negli ultimi tempi, pur guadagnando benone, si siano dimostrati modelli di rettitudine.

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