Arrestato il carceriere del piccolo Di Matteo

Luigi Putrone, boss mafioso dell’Agrigentino, partecipò all’omicidio del figlio del pentito, poi sciolto nell’acido. Il procuratore Grasso: «Abbiamo preso uno dei 30 ricercati più pericolosi della malavita organizzata»

Arrestato il carceriere del piccolo Di Matteo

Mariateresa Conti

da Agrigento

A tradirlo sono state le telefonate. Le telefonate a Porto Empedocle attraverso cui, da latitante, continuava a gestire gli affari della famiglia mafiosa agrigentina. Già, perché Luigi Putrone, in apparenza tranquillo siciliano emigrato a Usti Nab Laben, piccola cittadina a 70 chilometri da Praga, era in realtà uno dei trenta ricercati di mafia più pericolosi, condannato all'ergastolo per svariati omicidi e coinvolto in una delle storie più atroci targate Cosa Nostra: il sequestro del piccolo Giuseppe Di Matteo, figlio del pentito Mario Santo Di Matteo, rapito, strangolato e sciolto nell’acido a soli 12 anni per far tacere il padre. Proprio a Usti Nab Laben, giovedì, è finita dopo otto anni la latitanza di Putrone. I carabinieri di Agrigento, coadiuvati dalla polizia ceca e dall'Interpol, lo hanno bloccato all'uscita da un pastificio dove aveva acquistato dei dolci. Vani i tentativi di resistenza: Putrone è stato arrestato e chiuso in carcere, a Praga, dove dovrà attendere l'iter per l'estradizione.
La notizia dell'arresto e le modalità sono state rese note ieri, a Palermo, alla presenza anche del procuratore capo Pietro Grasso e del procuratore aggiunto Anna Maria Palma, titolare di questa inchiesta e in generale esperta della mafia della zona di Agrigento. Un bel colpo, quello messo a segno dagli inquirenti. Putrone viveva con una donna ceca, che non era a conoscenza dei suoi trascorsi criminali. Proprio nel supermarket gestito dalla donna Putrone aveva trovato lavoro. E in apparenza era una persona tranquilla, anche se i suoi contatti con una banda malavitosa di nomadi avevano messo in allarme pure la polizia locale. Determinanti, come si diceva, le intercettazioni telefoniche effettuate dalla Sicilia. Le tracce lasciate dalla scheda utilizzata da Putrone hanno portato lì, in quell'angolo sperduto della Repubblica Ceca vicinissimo al confine con la Germania, rifugio prediletto dei latitanti, soprattutto dell'Agrigentino. Putrone è stato tenuto sotto osservazione, pedinato e infine bloccato. Le forze dell’ordine hanno circondato l'auto del latitante. Putrone, che non era armato, ha tentato di opporre resistenza fisica. Ma alla fine ha ceduto.
«Abbiamo catturato uno dei latitanti più pericolosi - ha sottolineato soddisfatto il procuratore Grasso -. L'attenzione nei confronti della mafia non è mai venuta meno, anche se ci siamo dovuti occupare d'altro». Grasso e il procuratore aggiunto Palma hanno ricordato i trascorsi criminali di Putrone, implicato in svariati omicidi, estorsioni e mafia e già condannato ad un ergastolo nel 2004, a 18 anni. Putrone, per gli inquirenti palermitani, avrebbe partecipato alle fasi preparatorie del sequestro, e avrebbe tenuto lui stesso il bambino per tre mesi, nella fase iniziale del rapimento. Il procuratore Grasso ha posto inoltre l'accento sulla Germania come rifugio di pericolosi mafiosi latitanti. Appena un mese fa, proprio in Germania, è stato catturato un altro latitante agrigentino.
Plauso per il blitz messo a segno dal ministro dell'Interno, Beppe Pisanu e dal presidente della Commissione antimafia, Roberto Centaro.

Quest'ultimo ha posto in evidenza l'ottimo coordinamento con la polizia della Repubblica Ceca, ma ha lanciato l'allarme «sull'espansione degli interessi e degli investimenti di Cosa Nostra in Paesi appena entrati nell'Unione, ad economia debole e privi di una legislazione antimafia».

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