Gli artigiani a Silvio: «La Finanziaria deve restare così»

RomaNon depotenziare il rigore della manovra e puntare tutto sulla semplificazione. Perché sono soprattutto le piccole imprese a pagare quei 16,6 miliardi di euro, che sono il conto che ogni anno la burocrazia presenta a chi produce in cambio di un «mare di scartoffie». Ieri è stato il giorno della Confartigianato di Giorgio Guerrini. All’assemblea della confederazione, il presidente degli artigiani ha ripreso i temi che sono alla base della costituzione di Rete imprese italia, accordo interconfederale con le altre organizzazioni delle piccole imprese che conta in tutto 4 milioni di associati. In una relazione che è piaciuta molto al premier Silvio Berlusconi, Guerrini ha illustrato l’altra faccia della crisi. «È difficile spiegare alle nostra aziende che hanno chiuso i battenti o ai dipendenti che hanno perso il lavoro, che tra il 2000 e il 2008 le retribuzioni lorde della pubblica amministrazione sono cresciute il doppio» dell’economia. E che negli altri Paesi europei la spesa per il pubblico impiego «è scesa mentre in Italia è salita».
Tra i 700mila iscritti alla confederazione, fa capire Guerrini, sono in molti quelli che in questi tempi di crisi preferirebbero uno stipendio da statale. Ma «siamo imprenditori», preoccupati semmai di trovare il modo di uscire dalla crisi. «Una cosa chiediamo con forza: che si operi velocemente e che la manovra non si indebolisca nel percorso parlamentare». Niente marcia indietro, quindi. Gli artigiani ci mettono del loro. «In Italia continuano a nascere 1.958 imprese al giorno e un quarto di queste sono artigiane. Un piccolo, grande miracolo».
Ma per metterli in condizione di continuare occorre cambiare passo. E la ricetta è «liberare l’impresa dai lacci e lacciuoli della burocrazia. Recuperiamo il grave ritardo rispetto all’Europa, eliminando i controlli ex ante sull’attività di impresa a favore del rafforzamento di controlli pubblici ex post». Richiesta in linea con la modifica dell’articolo 41 della Costituzione annunciato dal premier Berlusconi e dal ministro Giulio Tremonti, e con lo Statuto delle imprese, che Confartigianato apprezza.
Oltre alla semplificazione, in testa alle aspettative degli imprenditori «c’è la riduzione della pressione fiscale», con una riforma che sposti il momento della tassazione al momento di incasso delle fatture. E poi un sogno: un principio generale simile a quello delle leggi a costo zero per i conti pubblici: l’«invarianza di costi e oneri per l’impresa». Poi un «no» netto a Basilea 3, che rende più difficile il credito alle aziende.

Per attuare queste e altre riforme, Guerrini ha proposto un patto: «Utilizziamo i prossimi tre anni per fare un cambio di marcia, impegnandoci ognuno a fare la propria parte, senza steccati ideologici per il bene comune». Proposta accolta subito dalla presidente di Confindustria Emma Marcegaglia e da Raffaele Bonanni della Cisl.

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