«Asilo politico al talebano» Giallo al tribunale di Milano

da Milano

Il tribunale civile di Milano «boccia» il ministero dell’Interno con una sentenza che sta già facendo discutere negli uffici del Viminale. La vicenda, battuta ieri dall’agenzia di stampa Ansa e che presenta ancora tanti interrogativi che attendono risposta, sarebbe nata circa un anno e mezzo fa, quando un cittadino afghano considerato vicino ai movimenti talebani ha richiesto asilo politico all'Italia.
Alle autorità ha spiegato che stava diventando troppo pericoloso restare in Afghanistan, che più volte si è sentito in pericolo di morte nel Paese asiatico in guerra. La prima commissione ministeriale competente, però, quella di Milano, ha rigettato la richiesta, ritenendo che non ci fossero elementi validi per assegnare lo status di rifugiato. Una posizione, del resto, piuttosto facile da comprendere, visto che tra il «perseguitato» in questione, in quanto talebano, sarebbe un nemico delle forze alleate opera in Afghanistan. Tra cui anche quelle italiane.
Ali K., questo il nome dell’uomo che si è visto bocciare la domanda, ieri ha invece ottenuto ciò che voleva, grazie al tribunale di Milano, che con la sentenza gli avrebbe anche riconosciuto il pagamento delle spese processuali, circa tremila euro, a carico del Viminale. Dagli uffici ministeriali di Roma si spiega che casi simili sono accaduti in passato, ma con una situazione tanto particolare - c'è da andare a verificare i motivi per i quali fu rifiutata la sua richiesta, e subito ci si è mobilitati -saranno fatti i doverosi approfondimenti. Stamattina dunque, si riaprirà il dossier di Ali K., ma anche se il Viminale ha la possibilità di ricorrere in appello, molto raramente si tenta di ribaltare la sentenza di un giudice, spiegano. Anche in questo caso sarebbe necessario un intervento dall'alto - del ministro Giuliano Amato, lasciano intendere - senza il quale la pratica seguirà l'iter burocratico. Non sempre infatti la squadra di prefetti che si occupa di valutare al meglio le disposizioni per la sicurezza degli italiani - i talebani continuano a compiere attentati contro i soldati della Nato in Afghanistan - ritiene di intervenire su un caso come questo. Al momento ci si limita a spiegare che la composizione degli organi giudicanti è molto diversa. La commissione del Viminale può contare su un prefetto che opera assieme a un rappresentante della comunità internazionale, a uno degli enti locali e altri esperti. La valutazione la danno persone con specificità diverse.

Ma ieri il tribunale di Milano - «che potrebbe non aver tenuto conto delle Convenzioni di Ginevra e di altre precauzioni internazionali in materia di pubblica sicurezza - spiegano al Viminale - ha ritenuto che un cittadino giudicato "non idoneo" possa invece essere tutelato dall'Italia».

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