Un assalto che il nostro Paese non potrà arrestare

L'improvvisa invasione di "boat people" dalla Tunisia sta assumendo proporzioni più allarmanti. E' la più grossa breccia nelle nostre difese contro l'immigrazione clandestina da quando nell'estate 1991 più di 20mila albanesi arrivarono tutti insieme nel porto di Bari

L'improvvisa invasione di "boat people" dalla Tunisia, che di ora in ora sta assumendo proporzioni più allarmanti, rappresenta la più grossa breccia nelle nostre difese contro l'immigrazione clandestina da quando nell'estate 1991 più di ventimila albanesi arrivarono tutti insieme nel porto di Bari a bordo del mercantile "Vlora". Allora, essi furono chiusi in uno stadio e rispediti prontamente in patria dal governo Andreotti. Stavolta, le cose non saranno così semplici, come dimostra la convocazione di un Consiglio dei ministri straordinario per decretare l'emergenza umanitaria e consentire l'intervento della Protezione civile. Un'emergenza senza precedenti che investe non solo Lampedusa, Linosa e la Sicilia, ma l'intero Meridione, con almeno quattro ragioni che rendono la situazione difficilmente gestibile anche per un esecutivo impegnato a contenere il fenomeno.
1)L'accordo che avevamo con il vecchio governo tunisino, che prevedeva una stretta sorveglianza dei possibili porti d'imbarco e aveva quasi eliminato il flusso dei clandestini non funziona più, e vista la situazione nel Paese, non è il caso di contare su un suo pronto ripristino. L'apparato di sicurezza del regime di Ben Ali che impediva le partenze dei barconi si è dissolto, il nuovo governo è a dir poco evanescente e comunque non si sa se intenda rispettare o meno gli impegni assunti dal vecchio regime, o preferisca usare l'emigrazione come valvola di sfogo per le pressioni interne. Comunque, ancora per molte settimane al di là del Canale di Sicilia regnerà l'anarchia e le migliaia di pescatori tunisini ne approfitteranno per usare le loro imbarcazioni per traghettare i clandestini. A 2000-2500 dollari per ogni passaggio, possono guadagnare in poche ore più che in un'intera annata di lavoro, e con l'intensificazione del traffico diminuisce anche il rischio di vedersi sequestrare l'imbarcazione. Dai porti tunisini, infatti, viene segnalato un movimento intensissimo, con migliaia di persone in attesa di imbarco.
2)Non esistono più le condizioni giuridiche per i respingimenti in blocco e neppure per i rimpatri immediati in base agli accordi esistenti. Dopo quanto è successo in Tunisia, infatti, ogni migrante può chiedere asilo politico - magari perché faceva parte del vecchio regime e oggi si sente in pericolo - o almeno pretendere accoglienza per ragioni umanitarie. Bisognerà valutare le situazioni caso per caso, e nel frattempo garantire a tutti - naturalmente a spese dello Stato - vitto e alloggio adeguati. Dal momento che non esistono neppure le strutture sufficienti per quelli arrivati questa settimana, l'emergenza umanitaria è già esplosa. Nonostante il pressante appello lanciato alla Ue, non è il caso di aspettarsi un grande aiuto: ogni Paese ha già troppi problemi con l'immigrazione per farsi carico anche di quelli degli altri. E ad aggravare ulteriormente le cose, c'è la recente tendenza della magistratura a disattendere, sulla base di una direttiva europea di due anni fa, la legge Bossi-Fini sulle espulsioni.
3)Sono elevate le probabilità che tra coloro che sbarcano in questi giorni sulle nostre coste ci sia un certo numero di delinquenti e di terroristi. Durante la rivoluzione, sono evasi dalle carceri tunisine migliaia di detenuti comuni, che hanno tutto l'interesse a lasciare il Paese prima che la polizia riprenda a cercarli e per cui l'Italia, con la sua giustizia "buonista", rappresenta la meta ideale. L'occasione è anche molto ghiotta per Al Qaida nel Maghreb per infiltrare i suoi uomini in Europa, dove ha già organizzato diversi attentati e ha sicuramente delle basi. Vista la difficoltà per le nostre autorità di accogliere (e di sorvegliare) tanti migranti, sarà un gioco per ragazzi per questi indesiderabili fuggire dalle strutture di accoglienza.
4)L'ondata dei clandestini tunisini è solo l'avanguardia di una invasione potenzialmente ancora più massiccia. Ieri ci sono stati di nuovo grossi disordini in Algeria, il giorno 17 è in programma la prima giornata di dimostrazioni in Libia, e dopo l'esito favorevole della rivoluzione ci sarà anche gente in fuga dal più lontano Egitto. Ai magrebini bisogna aggiungere le centinaia di migliaia di profughi dall'Africa subsahariana attualmente bloccati in Libia, che potrebbero approfittare delle prevedibili difficoltà del regime per eludere la sua sorveglianza.


Non per fare gli allarmisti, ma tra qualche giorno i ventimila albanesi di 20 anni fa potrebbero sembrare un'inezia. Può sembrare assurdo e magari anche un po' cinico, ma non ci resta che sperare in una progressiva scarsità di imbarcazioni o in prolungate burrasche che sconsiglino le traversate.

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