La fronte alta disegnata da un raggio di luce, il viso scarno, pallido, il naso aquilino, le orecchie appuntite, lo sguardo altero e al tempo stesso malinconico: è uno dei ritratti con cui Tiziano dipinse Pier Luigi Farnese, figlio di Papa Paolo III. Era il 1546 e Pier Luigi da circa un anno, dal 15 settembre 1545, era diventato duca di Parma e Piacenza. Alle sue spalle aveva già una robusta azione di buon governo. Tra i suoi provvedimenti cerano state la costruzione di nuove vie di comunicazione per il commercio, lapertura di nuove scuole di medicina, di diritto e letteratura, la riforma, in senso «garantista», del sistema giudiziario. E poi la sua idea di ripartire in modo equo tasse e cariche, che certo non gli valse le simpatie dei nobili. Ma nellanimo del duca, feroce e coraggioso guerriero, si annidava anche una passione che doveva restare segreta ma che segreta non era affatto: il suo incontenibile «interesse» per i giovinetti.
A tutto ciò aggiungiamo una sfrenata ambizione (puntava al ducato di Milano), lodio profondo che per lui nutriva Ferdinando Gonzaga, e linevitabile giostra di intrighi tra guelfi e ghibellini. Si arriva così al «fatal giorno del 10 settembre 1547», in cui subito dopo il pranzo Pier Luigi viene fatto fuori da una congiura di nobili. Con modalità di bassa macelleria e per interessi privati e politiche internazionali. Il cadavere fu mostrato al popolo, al grido di «Libertà e impero» e poi gettato dalla finestra. Il suo corpo fu poi ricomposto e sepolto. Meno di due mesi dopo, il 3 novembre, a Roma iniziò il processo con la prima testimonianza, quella di Alessandro da Terni, che di salvare il duca aveva almeno tentato.
«La congiura farnesiana dopo 460 anni. Una rivolta contro lo stato nuovo» è il titolo del convegno internazionale di due giorni - organizzato dalla Banca di Piacenza, tel. 0523-542356 - che si apre oggi, alle 15.30, a Piacenza, nel Salone dei depositanti di Palazzo Galli, via Mazzini 14.
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