Attore, regista e cantante i nuovi posti fissi: le scuole di cinema e teatro sfornano «assunti»

La frase che getterebbe nel panico qualunque genitore: «Mamma, papà, voglio fare l’attore». Manco a dirlo: vostro figlio è più lungimirante di voi. Sorridete compiaciuti, ha un futuro davanti. E soprattutto, ebbene sì, anche un lavoro.
I dai emersi da una ricerca commissionata dal Comune di Milano sulla condizione occupazionale degli ex allievi delle scuole civiche (Scuola d’arte drammatica, di Musica, di Lingue e Televisione e cinema) offre la più impensabile delle realtà. Se dopo il primo anno di diploma l’80 per cento aveva già un lavoro (il che già non è poco), ebbene a distanza di 5 anni tutti, ossia il 100 per 100 dei diplomati ha un impiego inerente alla sua formazione. Niente call-center o vendita porta a porta: chi si è diplomato attore fa l’attore, chi si è diplomato in musica fa il musicista. E per circa un quarto degli occupati, l’occasione giusta si è presentata entro i sei mesi dal diploma.
«Questo perché la nostra formazione non è autoreferenziale, ma risponde ai reali bisogni occupazionali» commenta l’assessore alle Politiche del lavoro e occupazionali del Comune, Andrea Mascaretti. Se lo scopo di una scuola è quello di far trovare un lavoro e possibilmente non uno qualunque le quattro scuole civiche del comune di Milano ci sono riuscite». «Sulla formazione abbiamo attivato un confronto costante con le aziende del territorio - continua Mascaretti -. E questo riguarda anche la formazione professionale gestita dal Comune: spesso le ditte dicono che fanno fatica a trovare ciò che cercano o perché non ci sono quelle figure professionali o perché non sono formate adeguatamente. Ecco perché ci siamo proposti di cancellare questo dislivello fra mondo del lavoro e formazione».
L’investimento non è da poco: ogni anno l’assessorato eroga per la Fondazione delle scuole civiche 11 milioni di euro e per la Formazione professionale altri 15 milioni il tutto spalmato su 1000 corsi dei quali 170 gestiti dalla prima.
La ricerca ha interrogato gli ex allievi anche sul tipo di lavoro trovato. I diplomati in lingue sono diventati per lo più traduttori, insegnanti e interpreti. Dalla scuola di Tv e cinema sono usciti tecnici audio-luci, operatori video, ma anche aiuto registi.
La scuola d’arte drammatica Paolo Grassi ha sfornato, manco a dirlo, attori e organizzatori di eventi, mentre la scuola di musica insegnanti, musicisti e liberi professionisti. Il ruolo delle scuole quale veicolo di occasioni di lavoro è minoritario rispetto all’iniziativa personale, ma significativo: in particolare sono sempre molto produttivi i contatti stabiliti nel periodo di studi attraverso stage, oltre che la segnalazione nominativa diretta.
Per quanto riguarda gli orari di lavoro e l’impegno, oltre un terzo dei casi, copre tra le 31 e le 40 ore settimanali. Insomma tutti lavori a tempo pieno.

«L’esperienza della Fondazione è vincente: ho proposto che tutta la formazione professionale sia gestita dalla Fondazione - conclude l’assessore -. Ma non solo. Proporrò di far pagare i corsi in base alle fasce di reddito».
Unico neo: i canali di informazione per la conoscenza delle scuole. Quasi la metà degli ex allievi si sono affidati al passaparola.

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