Tre cassieri licenziati per aver fallito il cosiddetto “test del finto cliente”. È quanto accaduto in Toscana, tra Siena e Livorno, dove gli ispettori dei supermercati Pam hanno simulato un furto per verificare se i cassieri avrebbero individuato la merce nascosta nei carrelli prima del pagamento. Il mancato rilievo dell’anomalia è stato considerato motivo sufficiente per far scattare la contestazione disciplinare e, nei tre casi, il licenziamento. Una decisione che ha provocato la protesta dei sindacati e un’immediata mobilitazione politica.
Il caso approderà anche in Parlamento: Avs ha annunciato un’interrogazione, mentre giovedì l’azienda e i sindacati si incontreranno a Roma per discutere del provvedimento adottato nei confronti del cassiere del punto vendita di Siena. Situazioni analoghe sono emerse anche a Livorno, motivo per cui le organizzazioni dei lavoratori chiedono la revoca immediata dei licenziamenti.
Come funziona il “test del finto cliente”
Il meccanismo è noto internamente come “test del carrello”. Gli ispettori si fingono normali clienti e nascondono alcuni prodotti tra la spesa, simulando la sottrazione di merce. Se, durante il passaggio in cassa, il cassiere non rileva la discrepanza, scatta la procedura disciplinare.
A Siena è stato licenziato Fabio Giomi, 62 anni, di Poggibonsi, delegato sindacale. Nel suo caso si sarebbe trattato di alcuni cosmetici non individuati. Giomi aveva già affrontato un test simile qualche settimana prima, superandolo senza difficoltà. Due casi paralleli riguardano Tommaso e Davide, dipendenti dei punti vendita Pam di Livorno.
La protesta dei sindacati
Durissimo il commento della Filcams Cgil di Siena. "È un atto vessatorio di controllo dei dipendenti, una provocazione – attacca Massimiliano Fabozzi –. Contestiamo radicalmente questo metodo: i cassieri non sono poliziotti, non possono perquisire i clienti e lavorano già in un contesto molto stressante. Quanto successo non può giustificare un licenziamento".
A Livorno la UilTucs denuncia pratiche simili. "Tommaso, da trent’anni nel punto vendita di Corea, è stato sottoposto a un test trasformato in imboscata – spiega Sabina Bardi –. Gli ispettori hanno nascosto prodotti, provocato alla cassa, esercitato pressioni psicologiche. Una trappola studiata per portarlo all’errore e giustificare il licenziamento".
Anche per Davide, vent’anni di anzianità e impiegato nel punto vendita di via Roma, la sindacalista parla di contestazioni “continue e infondate”, culminate in un’escalation disciplinare considerata “costruita ad arte”. Critiche arrivano infine da Avs: "Non è accettabile che in Italia si possa perdere il lavoro per ‘prove’ arbitrarie che trasformano i dipendenti in sospetti da sorvegliare invece che in persone da rispettare".
Verso l’incontro a Roma
Mercoledì sono previste assemblee interne per definire la strategia da portare all’incontro di giovedì
con l’azienda. I sindacati puntano alla revoca dei licenziamenti e all’apertura di un confronto sulle modalità di controllo adottate, considerate non solo discutibili ma lesive della dignità dei lavoratori.