Augusto Del Noce, lezioni sul pensare da cristiani

Non è vero che i mass-media fanno diventare famosi. Lo dimostra il fatto che l’oblio rischia di sommergere uno dei maggiori pensatori del XX secolo, Augusto Del Noce (1910-1989), il cui figlio è oggi uno dei personaggi più importanti della tv italiana.
Ma i media hanno le loro leggi, di fronte alle quali anche i figli sono impotenti. E una di queste è quella che alcuni chiamano la legge del Pensiero Unico, ossia di quel finto pensiero, senza carne né ossa, che fa della ragione un calcolo per ragionieri, dell’uomo un nulla (ma pieno di diritti, se ha buoni avvocati) e della libertà un capriccio.
Al potere piace questo quadro. Ma Augusto Del Noce aveva l’imperdonabile difetto di essere cattolico, o meglio: di essere un certo tipo di cattolico (è bene precisare), ossia uno di quelli che ritengono che il cattolicesimo non sia una questione cattolica, ossia una questione «per cattolici», bensì una questione culturale, che riguarda la vita di tutti e sfida il pensiero di tutti - specialmente se Unico - ed è una ferita aperta nella cattiva coscienza dell’uomo moderno. Per questo consiglio caldamente, tra le letture di questa estate, la bellissima antologia dedicata a Del Noce - bellissima perché redatta con competenza, passione, amore e voglia di rischiare - realizzata dallo studioso Alberto Mina e introdotta da Giuseppe Riconda (Augusto Del Noce, Verità e ragione nella storia, ed. Rizzoli-Bur, collana «I libri dello spirito cristiano», pagg. 380, euro 10,20).
Anch’io ho letto molto Del Noce. È un autore capace di formare una mens diversa, uno dei pochissimi, poiché il suo pensiero limpidissimo sa fare sempre, inesorabilmente, i conti con la storia, e documenta la diversità della ratio cristiana nel vivo paragone con la realtà dei fatti.


È un libro importantissimo, questo, che deve essere proposto ai giovani affinché possano essere educati alla mens cristiana, al ragionare cristiano, che non concepisce la ragione come misura vuota delle cose (e quindi condannata al nichilismo e destinata a produrre il proprio opposto, l’irrazionalismo) ma come apertura originaria - e quindi ontologica e antropologica - all’essere e alla sua inesorabile e irriducibile positività.
E io credo che la positività dell’essere sia la sola cosa di cui il Pensiero Unico (che intanto, però, scava gallerie in tutti noi) ha veramente paura, dato che non la può controllare.

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