In aumento nei mesi caldi i ricoveri per inquinamento

Ogni stagione ha il suo smog. E ogni smog ha effetti diversi sulla salute. D’estate aumentano i ricoveri per infezioni respiratorie e attacchi di cuore; d’inverno il danno è cronico, meno evidente al momento, ma più insidioso a lungo termine. Questi, in sintesi, i risultati finali del Progetto Tosca dell’università Bicocca, promosso dal Centro di ricerca Polaris dell’ateneo milanese e del valore di 1,8 milioni di euro, di cui 900mila finanziati da Fondazione Cariplo. Per 3 anni, dal giugno 2008 al giugno 2011, un team multidisciplinare di scienziati coordinati da Marina Camatini, docente di biologia cellulare alla Bicocca, ha indagato sulla tossicità del particolato atmosferico nel capoluogo lombardo. Il Pm in tutte le sue versioni. I dati sono stati presentati ieri alla Bicocca e la conclusione, riassumono gli esperti, è questa: «L’esposizione a elevate concentrazioni di particolato è un fattore di rischio per l’insorgenza o la riacutizzazione di malattie respiratorie e cardiovascolari». Gli effetti e i meccanismi d’azione dipendono dalla grandezza e dalla composizione delle polveri inalabili, che contengono dosi e tipi diversi di microbi e sostanze chimiche. E così «durante l’estate, quando il Pm è ricco di batteri che producono endotossine, l’esposizione a concentrazioni elevate determina la riacutizzazione di patologie respiratorie di tipo infiammatorio. Mentre d’inverno, quando è fortemente arricchito di particelle ultrafini che sfuggono ai processi di difesa, le risposte sono più silenti, ma interessano importanti modificazioni nel controllo dei meccanismi cellulari, evidenti sul lungo periodo per esposizione cronica». In altre parole, «il Pm estivo scatena risposte infiammatorie acute» e porta più facilmente in ospedale. Invece «il Pm invernale, con grandi quantità di particolati emessi da processi di combustione», il cosiddetto «black carbon», «produce danni ossidativi e alterazione del ciclo cellulare». Alla lunga, sono possibili alterazioni del Dna.
Lo studio Tosca ha coinvolto chimici, biologi, clinici ed epidemiologi. Per prima cosa i ricercatori hanno tracciato «l’identikit» chimico e microbiologico dei vari tipi di Pm (Pm10, 2.5, 1 e 0.4) d’estate e d’inverno, quindi ne hanno analizzato gli effetti. La prima differenza tra estate e inverno sono le dimensioni: se d’estate la frazione di particolato che prevale nei cieli di Milano è il Pm con diametro compreso fra 2.5 e 10 micron (39% del totale), in inverno a farla da padrone il Pm 2.5-1 (34%). Gli studiosi hanno infine dimostrato che, complessivamente, l’esposizione alle polveri è più alta nel periodo invernale. È però d’estate che l’effetto-smog è più evidente nell’immediato sui ricoveri in Lombardia per patologie respiratorie e cardiovascolari e sulle prescrizioni di farmaci per queste malattie.

Gli autori della ricerca tengono però a precisare che «anche se il campione analizzato è numericamente consistente (500mila persone) è necessario estendere lo studio all’intera Lombardia per un arco temporale più lungo. Cautela anche su un’eventuale legame tra smog e tumori.

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