Auto aziendale, il governo vuole aggirare l’Ue

In Senato il decreto con cui Prodi cerca di limitare i danni della sentenza di Bruxelles sulle detrazioni Iva. Obiettivo: rientrare del mancato gettito con Irpef e Irap

Pierluigi Bonora

da Milano

La sentenza della Corte di giustizia Ue sulla detraibilità dell’Iva per le auto aziendali costa allo Stato 17 miliardi per il pregresso e 5 miliardi di euro a regime. La cifra è indicata nella presentazione della Finanziaria distribuita dal ministro dell’Economia, Tommaso Padoa-Schioppa, alle Commissioni bilancio di Camera e Senato. Oggi, intanto, il decreto legge relativo ai rimborsi dell’Iva sulle vetture aziendali approderà al Senato. La Commissione finanze di Palazzo Madama ha già bocciato tutti i 40 emendamenti presentati, compreso quello della relatrice concordato con il governo, che riscriveva quasi interamente il decreto spostando dal 15 dicembre al 15 aprile 2007 il termine per la presentazione delle domande di rimborso. Gli emendamenti, quello della relatrice incluso, saranno però ripresentati.
La perdita di gettito Iva derivante dalla sentenza Ue viene stimata, nella relazione tecnica del decreto legge fiscale, in 5,28 miliardi per il prossimo anno, in 5,21 per quello successivo e in 5,19 nel 2009. Il mancato gettito Iva viene comunque compensato dai nuovi limiti alla deducibilità delle spese e degli altri componenti negativi relativi alle auto aziendali fissati nel decreto. Queste novità valgono nel 2007 maggiori entrate Ires/Irpef per 4,19 miliardi, cui si devono aggiungere 411 milioni, sempre a fini Irpef, dall’aumento del fringe benefit e 762 milioni di maggiore Irap. In totale, quindi, il governo prevede un gettito leggermente positivo per l’erario di 84 milioni nel 2007 (nel 2008 si guarda invece a un gettito negativo per 20 milioni e nel 2009 positivo per un milione). Le nuove disposizioni, si specifica nel provvedimento, hanno effetto dal periodo d’imposta in corso alla data di entrata in vigore del decreto (cioè il 2006) ma, ai soli fini dei versamenti in acconto delle imposte sui redditi e dell’Irap relative a questo periodo e a quelli successivi, il contribuente può continuare ad applicare le disposizioni precedenti.
Il giro di vite sulle auto aziendali («il governo - ha sottolineato nei giorni scorsi Gian Primo Quagliano, direttore del Centro Studi Promotor - ha tolto con una mano quello che la sentenza Ue gli imponeva di dare con l’altra») continua a essere fortemente criticato dagli addetti ai lavori. Particolarmente colpiti, secondo i calcoli di Gidp, che riunisce i direttori risorse umane di aziende medio-grandi, sono proprio quei quadri e dirigenti che per usufruire del parco macchine aziendale hanno una trattenuta in busta paga. La maggior parte delle imprese, si legge nel dossier di Gidp, considera l’auto «come indennità accessoria, destinata a dirigenti (97,44%), quadri (73,50%), impiegati (36,75%), beneficio di cui usufruiscono già da oltre dieci anni per oltre la metà delle persone oggetto dell’indagine. Di questi il 52,14% non contribuisce ai costi aziendali, contro un 45,30% che invece partecipa con un canone calcolato per il 41,88% come correlato al valore del veicolo».
L’Associazione contribuenti italiani, intanto, fa sapere che sono già state presentate le prime 10mila istanze di rimborso, scaricate dal sito www.contribuenti.it, per l’Iva pagata illegittimamente sulle autovetture, come riconosciuto da Bruxelles. A essere interessati - aggiunge l’Associazione - sono più di 4 milioni di aziende e 2 milioni di professionisti che hanno versato, in 27 anni, maggiori imposte per 67,878 miliardi.

«Da parte nostra - precisa Gianni Filipponi, segretario generale dell’Unrae (l’Unione riunisce gli importatori di auto in Italia) - abbiamo chiesto che nel decreto legge siano annullati gli articoli che penalizzano l’auto aziendale, settore che - non dimentichiamo - conta per il 27% sulle immatricolazioni complessive di vetture nuove».

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