Autostrade affila le armi contro lo stop

Ma ogni decisione sarà presa solo dopo un confronto con l’esecutivo

Gian Maria De Francesco

da Roma

Gli estremi per un ricorso al Tar di Autostrade contro la bocciatura della fusione con Abertis «molto probabilmente ci sono così come sussistono anche i presupposti per denunziare alla Ue la violazione delle regole del mercato e l’adozione di misure cautelari e urgenti». È quanto hanno rivelato ieri all’agenzia Radiocor fonti legali vicine alla concessionaria autostradale presieduta da Gian Maria Gros-Pietro.
Lo stop imposto dai ministri Padoa-Schioppa e Di Pietro all’operazione si fonda essenzialmente sulla presenza nella nuova compagine societaria del costruttore spagnolo Acs, circostanza vietata dal decreto della presidenza del Consiglio del maggio 1997 sulla privatizzazione di Autostrade. «Il divieto - spiegano i legali - riguarda l’ingresso di società che operano prevalentemente, e cioè in misura superiore al 50% del fatturato, nel settore delle costruzioni. Il fatturato del gruppo Acs deriva per meno del 50% da questo comparto».
In secondo luogo, le prescrizioni del bando di privatizzazione si riferivano «esclusivamente alla formazione di un nucleo stabile con scadenza al termine di 36 mesi imposto da Iri». Insomma, il vincolo avrebbe cessato di essere efficace, come testimoniato dalla costituzione di una partecipazione qualificata (più dell’1%) del gruppo Gavio in Autostrade. Una carta sulla quale anche le azioniste di Edison, Edf e Aem, stanno cercando di far leva in merito al divieto quinquennale di acquisizione di una quota superiore al 30% delle ex Genco da parte di imprese pubbliche stabilito nel novembre 2000 da un decreto della presidenza del Consiglio. «Una società quotata in Borsa - concludono le fonti legali - non può avere vincoli così stringenti. Né Consob né Borsa avrebbero autorizzato il collocamento».
L’opzione-ricorso sarà valutata dalla società controllata dai Benetton nei prossimi giorni e prima della ripresa dell’attività politica non si farà nessuna mossa. È intenzione del gruppo che fa capo alla famiglia Benetton confrontarsi con il premier Romano Prodi e con il ministro delle Infrastrutture Antonio Di Pietro per comprendere le ragioni dello stop e agire di conseguenza. Non è del tutto esclusa la possibilità della convocazione di un’assemblea straordinaria di Autostrade che verifichi tanto la volontà dei soci di proseguire nel progetto quanto eventuali modifiche alla sua struttura. Intanto, ieri il Wall Street Journal, che aveva definito «scuse spazzatura» le motivazioni del governo sul no alla fusione, ha pubblicato una lettera del ministro Di Pietro nella quale si ribadisce che «una concessione autostradale non può essere affidata a una società di costruzioni».

Ma il settimanale Economist ha rincarato la dose: si tratta di «argomentazioni non inoppugnabili per bloccare un’operazione non gradita in quanto implica che stranieri prendano il controllo di un asset italiano». A Piazza Affari Autostrade ha ceduto lo 0,37% a 21,83 euro.

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