Qundici (Avellino) Una protesta di piazza contro lo sfratto di una famiglia in cui vive anche una donna disabile, fa parte quasi della quotidianità dei nostri tempi, ma se il nucleo in questione è composto da un padre boss della camorra condannato a 18 anni di carcere e da una madre a cui è viatato il soggiorno nella sua città, la cosa fa tutto un altro effetto. Accade a Quindici, piccolo centro irpino tormentato da una faida tra due clan che dura da oltre 30 anni, i Cava e i Graziano e per la disastrosa alluvione di 13 anni fa.
La casa, anzi una supervilla bunker, fu confiscata nel 1996 dalla Sezione misure di prevenzione presso il Tribunale di Avellino e affidata al Comune di Quindici. Per alcuni però i Cava hanno continuato ad abitare la villa anche se finita nella disponibilità dello Stato. Poi si decise di destinare l'abitazione, due piani, con garage e cortile, ad una famiglia al cui interno si trovasse un portatore di handicap. E il bando fu vinto proprio dal boss Cava, che a conti fatti, ha pagato la miseria di 110 euro al mese per il fitto. Ma, scaduta la concessione (8 anni) al boss non è stato concesso il rinnovo. La storia va avanti da anni e si è conclusa con una sentenza di sfratto ormai operativa.
L'altra mattina, ufficiale giudiziario, carabinieri del comando provinciale di Avellino, sindaco, un assessore, e tecnici del comune di Quindici sono arrivati in via Sant'Antonio per tentare di entrare nella supervilla bunker del boss Antonio Cava, dove ormai vivono solo i tre figli del boss, Giovanna e i due fratelli, uno dei quali minorenne. In extremis però, il legale della famiglia è riuscito ad ottenere dal Tribunale Civile uno slittamento di dodici giorni della sentenza di sfratto.
Ma, a favore di Giovanna, rimasta vittima di un gravissimo incidente stradale, avvenuto quando aveva solo 10 anni, sono scese in campo due associazioni che lottano a favore dei disabili. Il coordinatore nazionale del Mid, Francesco Ferrara si è addirittura incatenato davanti alla villa per far sentire la sua voce contro lo sfratto: «Non mi interessa chi sia la famiglia che vive qui. A me importa solo di Giovanna, una giovane disabile che ritengo, non possa essere lasciata per strada». Sembra però, da indiscrezioni trapelate da fonti investigative, che Giovanna ed i suoi fratelli, non trascorrano molto tempo nella villa confiscata. Pare anzi che solo quando la loro ex proprietà torna a rischio, come l'altro giorno, si facciano vedere in via Sant'Antonio.
Spiega un carabiniere: «Tanta mobilitazione a favore di una famiglia, che certamente di problemi economici non ne ha, non la capisco. C'è una ragazza disabile certo e mi dispiace ma, penso che i Cava possano permettersi ben più di una villa». E aggiunge l'assessore Marco Cillo: «Non abbiamo nessun sentimento di ostilità nei confronti della ragazza e del minore, che riteniamo anzi doppiamente vittime. Prendiamo atto del rinvio, quello disposto dal Tribunale di Avellino. Restiamo dell'avviso che il discorso relativo alla finalità del bene confiscato non cambia.
Fermo restando il diritto di questa famiglia ad avere un alloggio, è stato rimandato solo un diritto che noi vogliamo ribadire: i beni confiscati sono patrimonio di tutti e devono essere destinati a tutti».carminespadafora@gmail.com
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