Cinzia Romani
da Roma
Umiliato e offeso dalla Mostra di Venezia, che lavrebbe svenduto in pasto serale alla Sala Perla, a mo di dessert, Baciami piccina, il delicato film di Roberto Cimpanelli, con Vincenzo Salemme, Neri Marcorè ed Elena Russo, venerdì prossimo approda nelle sale. «È stato un bene evitare la tagliola veneziana», commenta Giampaolo Letta, lasciandosi alle spalle le polemiche estive, quando la Medusa, di cui è patron e che distribuirà questa garbata commedia, fece la sua levata di scudi, ritirando gli ambasciatori dal Lido. «Ora abbiamo la possibilità di partire col piede giusto - auspica il manager - pensando allormai prossima Festa del Cinema.
In effetti, Baciami piccina (il cui titolo riprende lomonima canzone di Alberto Rabagliati, negli anni Quaranta uno dei cantanti radiofonici più popolari) poggia su solide basi. A partire dallidea di Sergio Citti, il regista romano, che, prima di morire, vendeva soggetti. «Cho uninvenzione fantastica, da cinque minuti: la voj?», racconta Cimpanelli di come lex-ragazzo di vita pasoliniano lo allettasse, con la bonomia dellAccattone.
Qui, il racconto duna strana coppia, nellItalia alla vigilia dellarmistizio (dunque, il 7 settembre del 1943) dura meno di due ore. Durante le quali apparentemente vediamo il brigadiere Petroni (un Marcorè molto bravo) scortare un truffatore (Vincenzo Salemme, in un ruolo drammatico) a Venezia, mentre il Paese, col re in fuga, Mussolini in ginocchio, i nazisti a ogni angolo, è sotto schiaffo. In realtà, assistiamo al viaggio d una commedia in dramma. «Potevo fare un film con un andamento più leggero, ma non scherzare sul 43, periodo storico per me affascinante», spiega il regista, pure produttore de La bella vita, il primo film di Virzì.
«A che cosa si ubbidisce, se non cè nulla cui ubbidire?», chiede al carabiniere, al quale è ammanettato, il simpatico Raoul, ricercato dalle donne e dalla magistratura. E quanto suona attuale, questinterrogativo (sceneggiatura e dialoghi di Furio e Giacomo Scarpelli), intanto che lItalia contemporanea naviga a vista. «A quasi cinquantanni, ricordo di aver ubbidito a qualche idea», riflette Vincenzo Salemme, a Natale protagonista del cinepanettone vanziniano Olè!. «Oggi cè divisione tra Oriente e Occidente, ma anche tra fratelli, in una stessa famiglia, regnano separazione ed egoismo». Lattore partenopeo, qui in una mirabile tirata antinazista (sradica una porta, prima dessere fucilato) sogna altri tempi cinematografici. «Una volta i film li scrivevano cinque sceneggiatori, intorno a un tavolo». Anche per Marcorè, presto Papa Luciani in tivù, cè nostalgia: «Vedono in me lappartenenza ad altre epoche, eppure amo la modernità, sebbene oggi si galleggi troppo nel compromesso».
Facile evocare Monicelli, la cui Grande guerra nulla spartisce con le vicende del carabiniere, al quale la fidanzata (Elena Russo) brucerà la divisa. Lei, la ragazza Luisa, che cerca solo di rassettarsi, mentre tutto è sfacelo, voleva un acconto del viaggio di nozze a Venezia. «Mi sono ispirata alla Loren», rivela la Russo, il cui fisico prorompente non è mortificato dallabitino a pois, dai sandali sui calzettoni, dal cappello sulle ventitrè. A rendere latmosfera disperatamente vitale del Dopoguerra, le sponde del Po, i casolari abbandonati, e il mare di Torre Astura, fotografati con affetto, mentre la performance di Luigi Maria Burruano, qui nel ruolo dun mafioso, ha sapore di spettro: è in prigione, dopo il tentato omicidio del genero. Meglio guardare avanti.
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