Londra - I genitori si ostinano a definirlo un miracolo. Un dono divino. Ma forse, molto più laicamente, si è trattata di un’affrettata diagnosi. Una colpevole svista medica che avrebbe potuto causare un danno irreparabile se l’amorosa ostinazione della madre non avesse raddrizzato il destino segnato del proprio figlio. Se non lo avesse «resuscitato», come lei stessa ora afferma, ancora emozionata. Una favola con un happy ending che giunge da Sydney. Protagonisti una coppia di giovani sposi, i coniugi Ogg, Kate e David.
Alla ventisettesima settimana di gravidanza Kate è costretta a correre in ospedale, è tempo di partorire. Un parto prematuro, travagliato. Nascono due gemelli, Jamie e Emily. Ma Jamie, che al momento della nascita pesava solo poco più di 900 grammi, dopo qualche istante muore. O almeno sembra morire. Questo il responso dei medici che però acconsentono alle richieste dei genitori di tenere stretto a loro, per qualche momento, il figlio. Un’intimità familiare per vivere il lutto.
Ma dopo un paio di ore Jamie dà i primi segni di vita. Impercettibili reazioni agli stimoli della madre. Accorrono gli ostetrici della struttura ospedaliera. Scettici, gelano gli sguardi speranzosi dei genitori: si tratta di normali reazioni nervose. Ma Kate insiste, gli porge qualche goccia di latte sulle labbra, lo stringe a sé. Fino a quando il neonato si sveglia dal torpore. Due ore di black-out prima di darsi alla vita, regalarsi il primo vero respiro. Una rinascita per i suoi genitori, ancora increduli non meno che contenti. Che si definiscono «i più fortunati al mondo» ai cronisti accorsi per ascoltare la loro incredibile storia. Un lieto fine che - secondo Kate – è spiegabile grazie alle terapie «pelle a pelle» madre-figlio, la quale aiuterebbe i bambini malati a guarire. Una cura che in Australia è conosciuta come il «tocco del canguro». In attesa di riscontri scientifici, nient’affatto urgenti visto l’esito felice della vicenda, si registra l’ottimo stato di salute di cui gode il piccolo, che adesso magia e cresce regolarmente. «Le sue piccole braccia e gambe cadevano giù senza rispondere agli stimoli, non si muoveva – il ricordo della mamma -. Io l’ho stretto a me e ho iniziato a parlargli, chiamandolo per nome, dicendogli di sua sorella e dei progetti per il futuro della nostra famiglia». Alle prime reazioni del bimbo, ecco le repliche sbrigative dei medici, che insistono con la versione dei riflessi incondizionati. Una giustificazione che non scoraggia la madre, che grida al miracolo quando vede Jamie aprire gli occhi per la prima volta.
«Ha aperto gli occhi e ha mosso la testa – ha spiegato la signora Ogg -. Ho fatto chiamare i dottori ma ancora nessuno mi credeva». Fino a quando si sono dovuti arrendere all’evidenza, di fronte al presunto miracolo, oppure errore diagnostico.
Il padre di David in un’intervista alla tv australiana non ha potuto non ringraziare la perseveranza della moglie: «Siamo i genitori più fortunati del mondo. Kate ha agito d’istinto, se non l’avesse fatto, ora Jamie probabilmente non sarebbe qui».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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