Pena ridotta in appello a 24 anni di carcere per Alessia Pifferi, la donna che fece morire di stenti la figlioletta di 18 mesi, Diana, lasciandola da sola per sei giorni in un appartamento a Ponte Lambro (Milano) nel luglio del 2022. I giudici della Corte d'Assise d'appello di Milano (presidente Ivana Caputo, giudice a latere Franco Anelli) hanno concesso all'imputata le attenuanti generiche equivalenti sull'unica aggravante riconosciuta in secondo grado, ovvero il vincolo di parentela con la vittima. Dalla valutazione è stata invece esclusa l'aggravante dei futili motivi, che aveva inciso sulla sentenza di condanna all'ergastolo emessa in primo grado di giudizio. "Le hanno riconosciute le attenuanti generiche, ma il reato resta lo stesso. Sono 24 anni che per me non sono neanche giustificati. Hanno bilanciato le attenuanti con le aggravanti ma è un risultato soddisfacente", ha detto l'avvocato Alessia Pontenani, legale della 40enne, commentando il verdetto.
La sorella di Pifferi: "Ventiquattro anni per una cosa così orrenda"
Alla lettura del dispositivo erano presenti anche la sorella di Alessia Pifferi, Viviana, e la madre dell'imputata, Maria Assandri. "Non me la sento di commentare. Sono mamma, è mia figlia pure lei", ha dichiarato Assandri ai cronisti uscendo dal Tribunale. "Ventiquattro anni per una cosa così orrenda. Ventiquattro anni è il valore di una bambina di 18 mesi che non c'è più. L'ha lasciata sola a morire mentre lei andava a diversi", è stato invece il commento a caldo di Viviana Pifferi. "Dal nostro punto di vista 24 anni sono pochi. L'unica cosa che posso affermare è che la Corte ha riconosciuto che si tratta di omicidio volontario. Sarei stato più dispiaciuto se avesse riconosciuto l'ipotesi colposa o se avesse derubricato", ha affermato l'avvocato Emanuele De Mitri, che assiste le due donne.
Lo scontro in aula tra accusa e difesa
L'udienza di oggi si è aperta con la requisitoria del sostituto procuratore generale di Milano Lucia Tondotonati, che ha sottolineato la "piena e totale capacità di intendere e volere" di Pifferi al momento dei fatti e chiesto la conferma dell'ergastolo. "Per retaggio culturale ci è difficile accettare che una madre possa sopprimere la propria creatura, ma un genitore assassino non è necessariamente pazzo è uno dei tanti aspetti della natura umana. - ha detto il pg - È difficile accettare che una madre possa decidere che non le importi nulla della persona che lei stessa a generato. In questo non è una mamma che getta il figlio dalla finestra, ma una che lascia la figlia sola nel pieno caldo del luglio di Milano in condizioni disumane". L'avvocato Alessia Pontenani, invece, durante l'arringa si è soffermata sul presunto deficit cognitivo dell'assistita: "La procura dice che non è pazza, ma nessuno dice che Alessia Pifferi è pazza. Alessia Pifferi è una ritardata mentale perché tutti i test ci dimostrano questo". E ancora, ha continuato Pontenani: "Quello che l’ha danneggiata è questa capacità apparente di eloquio, ma quando ci parli è un vaso vuoto. Alessia Pifferi non ha nulla dentro, perché quando provi ad approfondire un concetto, Alessia non ce la fa. Non ha nulla di normale, non stiamo parlando di una persona normale". La difesa ha quindi chiesto ai giudici della Corte d'Appello di riconoscere la seminfermità della donna e prendere "una decisione coraggiosa, andando contro l'opinione pubblica".
Il processo
Al termine del processo di primo grado, celebrato nel 2024 e teminato a maggio dello stesso anno, Pifferi era stata condannata all’ergastolo. La perizia psichiatrica, firmata dallo psichiatra Elvezio Pirfo, aveva evidenziato la piena capacità di intendere e volere della donna al momento dei fatti. Circostanza che, invece, avevano escluso i consulenti della difesa, sostenendo che l’imputata fosse affetta da un disturbo cognitivo. A febbraio del 2025, durante il processo di secondo grado, i giudici della Corte d’Assise d’Appello di Milano, accogliendo l’istanza presentata dal legale di Pifferi, avevano disposto un nuovo accertamento psichiatrico.
Le conclusioni della perizia condotta dai periti della procura - lo psichiatra Giacomo Francesco Filippini, la professoressa di Neuropsicologia e scienze cognitive dell’Università Bicocca Nadia Bolognini e lo specialista in Neuropsichiatria dell’infanzia e dell’adolescenza Stefano Benzonde - depositata lo scorso agosto, hanno confermato l’esito della consulenza acquisita agli atti del processo di primo grado.