Da bambolotto amato da tutti a calciatore in cerca di rifugio

Dieci anni fa era l’idolo di grandi e bambini, ma ha tradito la sua missione

Quanti lo ameranno? Meno di quanti potevano essere. Il passato non torna, soprattutto quando lo hai preso a calci. Ronaldo oggi è assoldato per segnare gol con il Milan: non gli vien chiesto molto di più. Tutti sanno che, tra i tanti vizietti, non s’è perso quello che lo ha fatto grande. Ma per il resto chi è Ronaldo? Non è più il peluche che tutto il mondo voleva carezzare: un bel bambolotto dalla crapa pelata, i dentoni di un simpatico Bug Bunny. Ricordate quando arrivò dal Barcellona? Era il puffo amato da grandi e piccini. Molto più di un giocatore di pallone. Quelli di Barcellona lo avevano ridefinito «crack bionico», tutti quanti lo chiamavano «Fenomeno», ma Ronaldo era il piacere di un sorriso, un re Mida per ogni sponsor, il cucciolone che ogni bambino avrebbe voluto accarezzare.
D’accordo, cominciava già a passare di letto in letto con frequenza bulimica, ma quello è un problema di pressione e di passione. Niente di male finché non ha cominciato ad esagerare, giust’appunto quando il peluchone ha cominciato a divenire un rotondotto maratoneta del «descanso». Ronie per lungo tempo è stato l’unico vero ambasciatore del calcio, non tanto dello sport perché Muhammad Alì è sempre stato molto di più. La missione di Ronie era quella di segnare, vincere e lasciar tutti noi nel mondo di una favola: un eroe da fumetto più che un killer da stadio. Aveva una missione, ma l’ha tradita nel tempo.
Non poteva essere un giocatore bandiera, in un mondo che a malapena sa cosa siano i giocatori, figuriamoci le bandiere. Visto mai qualcuno che non abbia riempito il portafoglio prima di baciare la maglia? Sì, qualche eccezione. C’è Maldini, ma è una storia unica. C’è Buffon con il suo «Obbedisco!» davanti alle voglie della Juve. C’è Recoba, soprattutto perché Moratti non se lo scolla. Perfino Raul comincia a passarsela male con il Real. Ronaldo è scappato dappertutto. Dapprima con il soffio lieve di un ragazzino che vuole regalare felicità al mondo ed esperienze diverse a se stesso, poi con il passo ingombrante di una primadonna offesa con il direttore d’orchestra. I suoi amici dicono che non è stato lui a lasciar l’Inter, ma l’Inter (leggi Moratti) a tradirlo. A Madrid ha capito che era meglio cambiare aria in contemporanea al dito puntato di Capello. Ma che ce ne facciamo di questo Ronaldo diventato uno come gli altri? Mercenario dal sorriso rattrappito. Ovvio che questo non sia un problema che tocca il Milan, al massimo i milanisti. Meno ancora i milanesi, soprattuto quelli di parte interista che strepitano senza logica: i più ispirati usano un distaccato disprezzo, gli altri sono tutti figli di Moratti, un tifoso che non sa nascondere i sentimenti. Ronaldo malato era il figlio di tutti, Ronaldo fuggitivo è stato un traditore senza cuore.

Questo è solo un calciatore in cerca di rifugio. In realtà Ronaldo ha tradito quel fanciullino che c’è in tutti noi ed ama il calcio in quanto gioco, divertimento, passione, amore per i campioni. E il passato non ritorna.

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