«Banche disposte a vendere se si salva l’indipendenza»

Sulla Fiat: gli Agnelli ci hanno sorpreso. «Finito il tentativo di scalata alla Rcs»

«Banche disposte a vendere se si salva l’indipendenza»

da Milano

Nessun tabù sulla riforma della Banca d’Italia, a patto che il passaggio delle quote preveda un compenso equo e, soprattutto, resti «l’assoluta indipendenza» dell’istituto, così come è avvenuto fino ad ora. Da Washington, dove in molti sono presenti per i lavori del Fondo monetario, i banchieri italiani non fanno mistero delle richieste riguardo al nuovo assetto proprietario indicato dal governo nella riforma della Banca centrale, e insistono sulla necessità di autonomia dell’istituto da loro sempre garantita.
«Aver parlato per primi di questi aspetti - ha detto il presidente di Banca Intesa, Giovanni Bazoli, ricordando il suo discorso all’assemblea di Bankitalia il 31 maggio scorso - è stato opportuno per precisare tre aspetti: la nostra disponibilità a vendere, il fatto che il possesso di queste quote di partecipazione non ha determinato nessun potere di controllo sugli organi dell’istituto, e l’assoluta indipendenza della Banca d’Italia assicurata dalle banche». L’unica condizione posta per la cessione, «oltre a quella implicita di avere un prezzo giusto, è che i nuovi proprietari assicurino a loro volta l’indipendenza della Banca centrale».
Bazoli ha anche commentato la situazione della Rizzoli, i cui titoli nell’ultima settimana sono pesantemente scesi in Borsa: l’ipotesi di scalata su Rcs è tramontata e quindi si è assistito a un ridimensionamento dei titoli. Quanto alla Fiat, la decisione della famiglia Agnelli di mantenere la propria posizione di primo azionista del Lingotto ha sorpreso le banche creditrici del gruppo ma va interpretata positivamente.

«Nessuno ci ha avvertiti e sì, l’operazione ci ha sorpreso», ha detto, sottolineando che l’iniziativa «è positiva per consentire di trovare soluzioni valide che ora sono in vista» per il futuro del gruppo torinese. E d’altronde, ha aggiunto, «le banche non avevano intenzione di assumere nessun controllo della Fiat, perché il loro ruolo non è gestire le aziende».

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