Banche, sì alle concentrazioni. Niente politica

Una piccola polemica sui nuovi sistemi di «governo societario duale». Il futuro delle Popolari

da Roma

«Un sistema finanziario moderno non tollera commistioni tra politica e banche. La separazione sia netta: entrambe ne verranno rafforzate». Mario Draghi misura le parole. E lancia moniti e segnali al pianeta bancario. È il capitolo più «delicato» delle Considerazioni finali; quello che ha richiesto maggiori limature da parte del governatore. All’orecchio gli erano arrivate possibili critiche sul ruolo della Banca d’Italia sulle ultime fusioni. Così, ha tenuto a precisare che la Banca d’Italia ha «indicato l’obiettivo, non il protagonista del percorso: puntare alla crescita, abbandonando i campanilismi del passato, accettando la sfida del mercato». E aggiunge: «Da questo è nata la trasformazione, non dai programmi delle Autorità».
Per essere più esplicito ricorda che Bankitalia ha svolto un ruolo «neutrale, non distaccato» nelle fusioni bancarie. A braccio, poi, in un inciso durante la lettura del testo, Draghi si rivolge direttamente a chi le fusioni le ha portate a termine «con determinazione e coraggio. Il mio apprezzamento va ai presidenti e agli amministratori delegati che hanno raccolto vari appelli rivolti in diverse occasioni», afferma, ricordando l’invito a cogliere le opportunità di crescita. «Hanno fatto tutto questo non sospinti da pressioni esterne», aggiunge il governatore. Anche se la precisazione fatta da Draghi sulla netta separazione fra banche e politica sta lì a dimostrare che, forse, qualche commistione (o vicinanza) c’è stata.
Nelle parole del governatore non c’è l’enfasi a cui ricorreva Fazio sulla difesa del sistema creditizio. Ma un pizzico di soddisfazione sulle fusioni la trasferisce all’assemblea dei partecipanti.
«Un anno fa le due banche italiane più grandi erano al settimo e al diciottesimo posto nella graduatoria europea per capitalizzazione di borsa. Le prime tre banche popolari detenevano il 49% dell’attivo della categoria in Italia. Oggi - ricorda Draghi - se le operazioni annunciate dai cda saranno confermate, le prime due banche italiane saranno al terzo e all’undicesimo posto; le prime tre popolari avranno una quota pari al 73% dell’attivo della categoria».
Su un punto Draghi è esplicito, forse proprio per fare chiarezza dopo le polemiche delle ultime settimane (che hanno interessato soprattutto Unicredit-Capitalia): le banche devono risolvere eventuali conflitti di interesse «sempre presenti nella terra degli intrecci azionari». Qualche dubbio, inoltre, le solleva anche sul sistema di governance che si sono dati gli istituti oggetto di fusione. «Il modello duale è efficace se attuato assicurando una chiara ripartizione della responsabilità fra gli organi societari. Sovrapposizioni di competenze ostacolano l’efficienza del processo decisionale, sono viste dagli azionisti come fonte di distruzione di valore; la chiarezza delle linee di responsabilità è anche presidio di stabilità».
Ma quello alla governance duale non è l’unica stoccata del governatore.

Gli azionisti di Borsa Italiana - osserva Draghi - devono chiarire le strategie della società di mercato, che restano «non definite» in un contesto internazionale in rapida evoluzione. Il processo di concentrazione in corso nel settore può dare grandi prospettive di sviluppo a chi vi partecipa, ma per chi resta ai margini il futuro è un’incognita.

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