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I soci libici di Unicredit non hanno alcuna intenzione di scalare la banca e non vanno trattati in modo diverso da come sono trattati gli altri azionisti di Piazza Cordusio. Lo afferma in un’intervista all’agenzia Bloomberg l’imprenditore franco-tunisino e consigliere di Mediobanca, Tarak Ben Ammar. «Non sono per nulla preoccupato del fatto che i libici possano mai prendere il controllo di Unicredit», ha detto Ben Ammar. «Capisco le paure della Lega Nord - ha aggiunto - ma non capisco perchè i soldi non arabi non siano sospetti e i soldi arabi siano sospetti». Secondo Ben Ammar, da tempo «ambasciatore» dei capitali arabi nel nostro Paese e amico del premier Silvio Berlusconi (del quale è anche socio in affari nella società cinematografica Quinta Communications), i fondi sovrani di questi Paesi non vanno guardati con sospetto ma come investitori di lungo periodo. «Questi fondi sovrani fanno investimenti per 50 anni», spiega, e le quote che rilevano in importanti società in giro per il mondo «sono gli investimenti per quando un giorno non avranno più petrolio».
La Libia, attraverso la sua banca centrale e la Libyan Investment Authority, detiene il 7% circa di Unicredit. L’ascesa nel capitale della banca guidata da Alessandro Profumo del colonnello Gheddafi ha provocato più di un malessere all’interno della Lega Nord, giunta a ventilare la richiesta di congelamento dei loro diritti di voto al 5%.


Ieri frattanto si è appreso che la banca francese Crédit Agricole potrebbe essere interessata a Pioneer, controllata del gruppo Unicredit. Lo ha detto l’ad di Crédit Agricole, Jean-Paul Chifflet, precisando di restare in attesa che Unicredit chiarisca i suoi progetti.

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