Bandiera bruciata al grido di «Duce» Arrestati 3 italiani

da Milano

Un viaggio di mille e passa chilometri per rimetterci la faccia. Tifo da esportazione modello hooligans. Sono bastati un centinaio di cretini, travestiti da tifosi, a trasformare una partita in un quasi incidente diplomatico. Zero a zero finirà Bulgaria-Italia sull’erba di Sofia, ma la sfida l’abbiamo persa noi. Tre a zero. Tre come i tifosi italiani arrestati dalla polizia bulgara in seguito alla rissa e ai cori fascisti prima del match valevole per le qualificazioni ai mondiali 2010.
Si fanno chiamare «Ultrà azzurri», da qualche anno seguono costantemente la Nazionale (chissà perché gli idioti di tempo da vendere ne hanno sempre), arrivano soprattutto da Lazio, Campania e Triveneto. Gemellati con la tifoseria del Levski Sofia, tradizionalmente collocata a destra, prima dell’incontro i nostri «supporter» hanno tentato di scatenare una rissa in un bar attaccando i sostenitori dell'altra squadra della capitale bulgara, il Cska, considerati invece a sinistra. Poi sono andati allo stadio intonando cori fascisti e, dopo essersi sfilati le cinghie dei pantaloni, si sono avventati contro la cancellata che li separava dai bulgari. Soltanto le cariche della polizia hanno impedito che gli attacchi sfociassero in un pericoloso scontro fisico. I loro inni? «Duce, duce» oltre all’immancabile «Faccetta nera», intonata all’ingresso allo stadio insieme con l’Inno di Mameli. Poi, una volta sugli spalti, eccoli dar fuoco a una bandiera bulgara, (che per colori è identica alla nostra, solo in orizzontale). I padroni di casa hanno risposto fischiando il nostro inno.
Una sola certezza: i biglietti per assistere all partita erano nominativi, non sarà difficile identificare i facinorosi. Nel frattempo, come si diceva, la polizia di Sofia ne ha ammanettati tre.
Tuona il nostro ministro dell’Interno Maroni: «I tifosi italiani che si sono resi responsabili degli scontri allo stadio di Sofia quando rientreranno saranno sottoposti a provvedimenti amministrativi di sospensione dalla partecipazione ad avvenimenti sportivi, il Daspo, perché non ci si può comportare così né dentro né fuori gli stadi». Per la cronaca il Daspo prevede il divieto di assistere a ogni manifestazione sportiva per cinque anni.


Laconico il ct della nazionale Marcello Lippi: «Anche se ieri io mi sono accorto solo dei fischi all’Inno di Mameli, ho letto oggi cosa è successo a Sofia. È la prima volta e non deve accadere più.
Non voglio dire altro, anche perché di queste cose devono parlare le persone che se ne occupano».

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