da Roma
Nel decennio 1996-2005 lItalia ha fatto registrare una fortissima impennata del costo del lavoro per unità di prodotto (il cosiddetto «clup»): il 20% in più, mentre in Paesi come Francia e Germania, nello stesso periodo, si è ridotto del 10%. Queste tendenze opposte hanno contribuito in maniera determinante ad allargare la forbice competitiva che separa il nostro Paese dai principali partner europei.
I dati sono contenuti in uno studio della Banca dItalia dal titolo Prezzi delle esportazioni, qualità dei prodotti e caratteristiche di impresa, in cui si spiegano i motivi della progressiva perdita di competitività dei prodotti italiani nei mercati internazionali. Uno dei fattori determinanti, secondo lo studio, è proprio il fatto che «fra il 1996 e il 2005, il costo del lavoro per unità di prodotto è cresciuto di oltre il 20% in Italia, mentre si è ridotto del 10% in Francia e Germania». Un divario che ha inciso pesantemente sulla perdita di competitività internazionale del nostro Paese, «alla luce della drastica riduzione dei margini di profitto per gli esportatori italiani, al contrario di quanto accaduto per i rivali francesi e tedeschi».
Così, nel decennio considerato dallo studio Bankitalia, la quota di mercato mondiale dellItalia - valutata a prezzi costanti - ha registrato una riduzione del 40%, a fronte del calo del 15% per la Francia e a un lieve guadagno per la Germania. Non è solo il costo del lavoro per unità di prodotto, tuttavia, ad aver prodotto questo risultato: il decennio considerato è quello del boom delle economie emergenti, Cina e India in testa; inoltre, a questo risultato poco confortante hanno contribuito le peculiarità delle imprese italiane - indietro in termini di specializzazione e, soprattutto, in dimensione - , gli investimenti insufficienti, le errate strategie di prezzo.
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