Baratto di voti: se la politica diventa raggiro

Guai ad abbassare la guardia: non c’è da farsi alcuna illusione. Passata la fase della paura e dell’emergenza, se il governo otterrà la fiducia in Parlamento, i Dico torneranno alla ribalta della scena politica. Lo anticipano le dichiarazioni di queste ore: nessun passo indietro, ci batteremo per farli approvare, annunciano gli esponenti della maggioranza. Cambia solo la strategia: per spianare la strada al disegno di legge e mettere a tacere gli incerti, si punta sulla carta degli aiuti alla famiglia. Nel tentativo fin troppo scoperto di continuare a mescolare tra loro bisogni e diritti, lo stato sociale con la consacrazione delle unioni di fatto.
C’è un sottile filo rosso che lega questo baratto di valori alla caccia ai voti a cui abbiamo assistito in questi giorni: la politica che diventa caricatura della politica, l’artifizio e il raggiro accettati tranquillamente come regole del gioco, in una confusione che cancella il vincolo tra diritti e doveri, tra la libertà delle scelte personali e le responsabilità oggettive. L’universo morale ridotto a un affare privato che ognuno è padrone di amministrare come vuole, piegandolo e adattandolo ai propri desideri. L’operazione di trasformismo a cui si vuole sottoporre la famiglia è figlia del trasformismo di una politica che nella ricerca del potere e nella sua visione della società fa a meno di ogni punto di riferimento etico. Aspirazioni personali e cambiamenti non si costruiscono sulla debolezza di princìpi: l’«Italia di mezzo» che trasmigra bruscamente, e al momento ritenuto più redditizio, sulla riva opposta, non sa di terra promessa o di un «nuovo respiro della politica» come si vuol far credere. Sa di uno spazio vuoto e grigio in cui sparisce il confine tra il lecito e l’illecito, tra il vero e il falso, tra l’onestà della coscienza e l’assenza di una coscienza. Se c’è un partito che ormai cresce nel Paese, anche se non figura nei sondaggi, è quello dei delusi e degli scontenti, di coloro che si sentono sempre più lontani da un Palazzo che non rispetta il patto di coerenza e di onestà con cui essi invece si sentono in dovere di fare i conti ogni giorno, con fatica e sacrificio. E questa rabbia degli scontenti dovrebbe allarmare il popolo del centro sinistra, moderati e riformisti compresi, ben più della ricerca affannosa dei voti su un pallottoliere.
Per dire «no» ai Dico e alla «famille decomposée» di cui molto si discute in Francia di questi tempi (una famiglia «decomposta» che apre le porte all’eugenetica, alle madri in affitto, al mercato degli ovociti e ai bambini che al posto del padre hanno solo una X, bene ha fatto a sottolinearlo la Chiesa) avrà luogo tra pochi giorni una grande manifestazione. Sarà anche l’occasione per dire di no a questa morale a più dimensioni, così distante dal sentimento comune. Sul suolo francese ha avuto il coraggio di affermarlo a chiare lettere Sarkozy quando ha rivendicato orgogliosamente «l’eredità di duemila anni di cristianesimo» e di un «patrimonio di valori spirituali che la morale laica ha incorporato».

Per concludere, senza tanti giri di parole, che la dimensione etica della vita cui tutti siamo chiamati a rispondere è ben più solida quando proviene da questo percorso spirituale che non quando cerca la sua fonte nei compromessi e nelle astuzie della pratica politica. Un messaggio che oggi ci riguarda ancora più da vicino.

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