Milano - Forse non lasceranno il segno come le fiction sulle donne (casalinghe o in carriera) più o meno disinibite e disperate e quelle su medici e paramedici in prima linea o in retrovia. E forse non avranno la vita lunga delle serie tv con crimine incorporato, che hanno spaziato dal poliziesco con un uomo solo al comando (grado tenente; cognome Colombo; nome mai saputo), con un fuoriclasse e la fidata spalla (Derrick e quello che somigliava ad Altafini), con una coppia (Starsky & Hutch) o con un'intera squadra di protagonisti (Hill street giorno e notte) fino al giudiziario/avvocatesco (da Perry Mason in giù). Passando per gli investigatori muscolari (Magnum P.I.) e i detective per caso (La signora in giallo).
Ma adesso è il momento delle fiction psicologiche, che si preparano a una novità che sta al confine con le serie mediche: in febbraio SkyUno manderà in onda Nurse Jackie, la serie tv che in America è alla seconda stagione e che all’esordio ha avuto ottimi ascolti e scatenato la reazione delle associazioni sanitarie. La protagonista, infatti, è un’infermiera veterana delle corsie ospedaliere (interpretata da Edie Falco, 46 anni, molto apprezzata nel ruolo di Carmela Soprano) che disprezza i medici («loro fanno diagnosi, noi curiamo») ed entra in sintonia con i pazienti, fregandosene delle regole, grazie al suo intuito e la sua acutezza psicologica. Insomma, un dottor House in gonnella, ma ancora più acida, anticonformista e problematica.
Comunque, sarà che in fondo, da sempre, nulla è più misterioso e affascinante della mente umana. Sarà che quasi ogni giorno si ha notizia di qualche scoperta nel campo delle neuroscienze. Sarà che il ricorso alla psicoterapia è sempre più diffuso. Sarà che qualche concetto-base della disciplina inventata da Freud («complesso di Edipo», «rimozione», «proiezione»...) è ormai entrato nella cultura popolare. Fatto sta che in tv proliferano le fiction basate sulla psicologia.
Sono The Mentalist, Psych, Mental, Lie to Me e, dulcis in fundo, In Treatment. Elencati dal meno al più genuinamente psicologico.
The Mentalist, già trasmesso sul digitale terrestre poi sbarcato su Italia 1, è alla seconda stagione e racconta le avventure del californiano Patrick Jane, ex «mentalista» tv (diciamo illusionista e più che altro truffatore) divenuto consulente del Bureau of investigation, che grazie alle sue indubbie capacità intuitive e di osservazione riesce a portare gli investigatori sulle tracce giuste. In America ha battuto negli ascolti perfino CSI. Certo, aiuta anche Simon Baker (L.A. Confidential, Il diavolo veste Prada) nei panni del magnetico ex imbroglione.
Molto simile è Psych (Rete 4 e Premium Gallery, quarta stagione), che segue le vicissitudini di Shawn Spencer, a cui il padre ex poliziotto ha insegnato fin da piccolo tutto ciò che un futuro tutore della legge credeva dovesse sapere. Cresciuto a hot dog e attenzione per i particolari (apparentemente insignificanti), il giovanotto finge di possedere poteri paranormali e si inventa un’agenzia di consulenza sensitiva che collabora con grande successo con la Polizia di Santa Barbara, sempre California.
Mental, la cui prima stagione s'è vista su Fox , parla di Jack Gallagher e della sua équipe nel reparto psichiatrico del Wharton Memorial Hospital di Los Angeles. L’abilità di Gallagher sta nel fatto che grazie a metodi poco convenzionali e poco ortodossi riesce a entrare (davvero) in contatto con i pazienti, obbiettivo che a molti medici della realtà deve sembrare impossibile o inutile, scoprendo così le vere cause dei loro problemi.
Lie To Me, anche questo già trasmesso sul digitale terrestre e poi arrivato su Fox, vede nelle vesti del dottor Cal Lightman, un vero e proprio uomo-macchina della verità, il talentuoso Tim Roth, che ne ha fatta di strada da Rosencrantz e Guildenstern sono morti, film d’esordio del regista Tom Stoppard in cui interpretava uno dei due tonti coprotagonisti del titolo. Adesso che è diventato Lightman, «uomo della luce», Roth riesce a capire se una persona mente oppure no semplicemente guardandola in viso. Basta che un sospetto si tocchi il naso in un certo modo o che muova il labbro superiore di un mezzo millimetro, e il gioco è fatto. D’altra parte la serie, giunta alla seconda stagione, prende spunto dalle scoperte di uno scienziato vero, Paul Ekman, che ha studiato per una vita il linguaggio (involontario) del corpo e le espressioni (incontrollabili) del volto.
E infine c'è In Treatment (tutti i giorni su Cult), che mostra il dottor Paul Weston (un ottimo Gabriel Byrne, l’apparente capo dei Soliti sospetti) mentre svolge il suo lavoro. Nel senso che la serie riproduce una realistica agenda di uno psicoterapeuta, che di norma riceve i pazienti sempre lo stesso giorno della settimana. E che con regolarità, nel suo caso ogni venerdì, va lui stesso a colloquio dalla sua terapeuta. Ciascuna puntata si svolge interamente nello studio di Weston: 20 minuti di parole, riflessioni, rimpianti, ricordi, confessioni, autocritiche e prese di coscienza di sé. Sembra quanto di meno televisivo ci possa essere.
Eppure In Treatment funziona.
Tanto che la rete americana Hbo ne sta preparando la terza stagione e ha ingaggiato, per migliorarne ulteriormente la qualità, l’attore-scrittore Dan Futterman e sua moglie Anya Epstein (Tell Me You Love Me) come coproduttori esecutivi.E pensare che nel 2005 Mediaset aveva lanciato Padri e figli con Silvio Orlando, che tornava in tv dopo una vita, psicologo di un consultorio. Ma per vari motivi fu una rondine che non fece primavera.
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