«Basta classi ghetto, tetto del 30% agli stranieri»

SVOLTA Il metro per misurare l’integrazione non sarà la cittadinanza ma le conoscenze

RomaUn tetto al numero di studenti non italiani iscritti in ogni classe. Non dovranno mai superare il 30 per cento del totale. Una regola - stabilita da una nota che il ministero dell’Istruzione ieri ha inviato a tutte le scuole - con l’obiettivo di favorire l’integrazione degli stranieri e fermare quella che sta diventando la regola nelle zone del Paese dove l’immigrazione incide di più: le «classi ghetto», formate quasi esclusivamente, se non esclusivamente, da figli di immigrati.
Il tetto entrerà in vigore dall’anno scolastico 2010-2011, gradualmente nel senso che all’inizio saranno coinvolte solo le prime classi, anche se di tutti i cicli: elementari, medie e superiori. Il limite del 30 per cento potrà essere innalzato se ci sono alunni stranieri che sono già in possesso di «adeguate competenze linguistiche». E lo stesso limite potrà, invece, essere ridotto a fronte della presenza di giovani studenti con una conoscenza dell’italiano «ancora inadeguata a una compiuta partecipazione all’attività didattica».
In altre parole, il metro per misurare il grado di integrazione, non è la cittadinanza, ma la conoscenza della lingua. Già la riforma del primo ciclo prevedeva un rafforzamento dell’insegnamento dell’italiano per stranieri. «Spesso, all’interno di questo dibattito - ha ricordato il ministro Mariastella Gelmini - ci si è voluti dividere agitando un’ingiustificata polemica di tipo ideologico. La scuola deve essere il luogo dell’integrazione. I nostri istituti sono pronti ad accogliere tutte le culture e i bambini del mondo. Allo stesso modo la scuola italiana deve mantenere con orgoglio le proprie tradizioni storiche e insegnare la cultura del nostro Paese». Quindi lingua italiana, ma anche «educazione alla cittadinanza». «Insegnare il rispetto per le altre culture e affermare contemporaneamente l’importanza delle regole civili, della storia, delle leggi e della lingua italiana. Un’indispensabile condizione questa per realizzare una vera integrazione. La presenza di stranieri nella scuola italiana, spesso concentrati in alcune classi, non è certo un problema di razzismo ma un problema soprattutto didattico».
La notizia è stata accolta da un coro di proteste, in particolare dai partiti e dai sindacati che tempo fa avevano criticato un’altra iniziativa della Gelmini, quella delle «classi ponte», destinate a chi non conosce l’italiano. Furono giudicate classi ghetto perché destinata solo agli stranieri. Adesso, invece è la misura anti ghetto a fare scandalo.
Appena un po’ di incertezza nelle condanna del Pd. Livia Turco dice che il tetto «non risolve i problemi. È giusta la preoccupazione di evitare classi ghetto e porsi il problema della sostenibilità della presenza dei bambini stranieri al fine di garantire un progetto educativo adeguato per tutti. Bisogna - aggiunge la capogruppo nella commissione Affari sociali della Camera - che le scuole italiane e gli insegnanti siano sostenuti concretamente con finanziamenti straordinari per corsi di lingua e cultura italiana». Corregge il tiro, in senso anti governativo, Vittoria Franco, senatrice democratica preoccupata perché la decisione è stata presa «proprio oggi in un clima ancora più xenofobo e razzista dopo i fatti di Rosarno».
Spericolato Antonio Di Pietro, secondo il quale il tetto è pericoloso «perché in nome della salvaguardia della specie e dell’identità nazionale, in passato, sono già state compiute atroci barbarie. E se gli americani avessero adottato il metodo del ministro Gelmini, oggi gli Stati Uniti - spiega - non sarebbero quella società aperta e multiculturale che è stata in grado di eleggere un presidente di colore».


Contraria anche la Cgil: secondo il sindacato le classi con il 30 per cento di stranieri, «determineranno una maggiore esclusione e ghettizzazione». Favorevole invece la Cisl con il segretario confederale Liliana Ocmin che giudica la proposta «plausibile e sensata».

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