«Ci auguriamo che ci possa essere un ripensamento o una modifica». Il vicepresidente di Confindustria, Alberto Bombassei, ha ufficiosamente aperto la propria campagna elettorale come candidato alla successione di Emma Marcegaglia toccando l’argomento più delicato: il ritorno di Fiat a Viale dell’Astronomia.
«Con questo non intendo assolutamente interferire o dire a Marchionne cosa deve fare», ha aggiunto Bombassei sottolineando l’intenzione di rispettare l’autonomia del Lingotto del quale è consigliere di amministrazione oltre che fornitore di impianti frenanti prodotti dalla «sua» Brembo. Dichiarazioni che «pesano», proprio nel giorno in cui sono state rese note le dimissioni di John Elkann da vicepresidente, in anticipo rispetto all’uscita della casa madre. Bombassei naviga di bolina a differenza di Marcegaglia, ormai famosa per le sue «strambate».
L’altro punto programmatico è ancor più determinante: con l’imprenditore bergamasco alla guida Confindustria tornerà al ruolo originario di rappresentante di interessi e non si dedicherà alle alchimie politiche. «È un po’ una fiducia stiracchiata: ci sarebbe piaciuto fosse più ampia», ha dichiarato a proposito del voto alla Camera di venerdì. Ma «è una fiducia che va interpretata: vediamo cosa riescono a fare, è una maggioranza estremamente debole, speriamo abbiano la forza di fare quelle misure che ci interessano». E qui la cesura più forte con Marcegaglia: «Noi facciamo i confindustriali e gli altri fanno la politica: non vorrei confondere le due cose».
Queste poche parole esprimono tutta la cifra del presidente di Brembo: un imprenditore settentrionale a capo di una multinazionale metalmeccanica, un uomo concreto al quale non piacciono le circonvoluzioni del politichese, ma anche un esperto di relazioni industriali. I rapporti col sindacato ai quali si dedica dalla presidenza di Montezemolo rappresentano la sua specializzazione. Ma la vicinanza al presidente Ferrari non gli ha alienato la fiducia dell’establishment, a partire da quella di Confalonieri (Mediaset), di Tronchetti Provera (Pirelli) e di Bernabé (Telecom).
Anche perché Bombassei non è certo uno sprovveduto e non sta certo sconfessando l’operato di Marcegaglia (che pure ne ha ridimensionato i poteri) ribadendo che le richieste del «Progetto per l’Italia» sono giuste e che poi l’associazione non è quel costoso elefante di cui per ultimo si è lamentato l’ingegner De Benedetti. Questa capacità di relazione gli tornerà sicuramente utile (d’altronde si è affidato alla designazione ufficiale dei «saggi» di Confindustria): sia contro il movimentismo dell’outsider veneto Andrea Riello che contro il «continuista» Giorgio Squinzi, caratterizzato da una familiarità «marcegagliana» con la Cgil.
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