Basta regalare soldi ai partiti scomparsi

Carissimo dottor Granzotto, leggendo quanto scrive «Il Giornale» a proposito dei rimborsi elettorali, sono rimasto davvero senza parole. Bisogna assolutamente intervenire per far sì che il Parlamento non continui a dilapidare i nostri sudati soldi. Sono certo che la politica costi, ma non così tanto. A tutto c’è un limite. Cosa possiamo fare?


Intanto si comincia col far questo, caro Bonetti. Se il nuovo Parlamento, che tutto lascia credere sarà quello della svolta riformista (e qui non si parla delle riforme di Prodi, limitate all’orario delle barbierie), non abrogherà la legge riguardante i rimborsi elettorali, limitandoli a partiti o schieramenti rappresentati alla Camera e al Senato, fra cinque anni scendiamo in campo anche noi. Noi del Circolo del Tavernello, intendo. Siamo tanti, giovani (vabbé...) e forti e così, a naso, sono certo che spunteremmo qualcosa di più dello zero virgola nove dei Socialisti del povero Boselli. Quel tanto almeno che ci consenta di raggiungere il magico uno per cento. Con quel risultato non si va certo in Parlamento, e pazienza, ma ci si pappa 2 milioni di euro in rimborsi elettorali. Che son poi quattro miliarducci di lire, buttali via. Su cosa fare del malloppo decideremo in seguito: potremmo sempre spartircelo un tot a testa, ma l’idea sarebbe quella di finanziarci una Scuola di Alti Studi - che denomineremo Anfe, acronimo di accà nisciuno è fesso - per la ricerca e lo sviluppo di fonti alternative di guadagno.
I costi della politica, lei dice, caro Bonetti. Certo. Anche se la voglia c’è, non mi sembra però questo il momento di allargare il discorso alle principesche retribuzioni dei parlamentari e agli agi sultaneschi nei quali s’avvolgono nell’esercizio del loro notoriamente alto mandato. Nossignore. A Montecitorio e a Palazzo Madama andranno a sedere brave e simpatiche persone alle quali abbiamo dato il nostro voto e dalle quali ci aspettiamo, per i prossimi cinque anni, faville. Dalle quali ci aspettiamo un sacco di soddisfazioni, nessun cambio di gabbana e perseverante presenza in aula. Ragion per cui non è il caso, non è elegante far loro i conti in tasca. Ma i milioni di euro dispensati a parlamentari trombati ancor prima di esserlo, no, quelli no. D’accordo che la politica costa, però qui sembra di essere al Billionaire, e che diamine.

Senza dire che quelle regalie sembrano fatte apposta per alimentare il già pesante sospetto che per certi marpioni la politica non sia intesa come una missione sociale e ideale, ma come un modo assai svelto per far soldi e assicurarsi, d’emblée, una pensione extralarge. Senza nemmeno correre tanti rischi perché se anche dovesse andar male, va comunque bene grazie ai rimborsi elettorali.

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