LE BATTUTE DA BAR E QUELLE DA BR

Visto che la battuta di Berlusconi su Obama abbronzato sta facendo il giro delmondo, ci piacerebbe assistere almeno a un giro d’Italia della notizia - possibilmente illustrata - dell’ultima iniziativa del Pd: tappezzare Roma di manifesti con il faccione di Maurizio Gasparri annullato dalla scritta rossa «Vergogna». A Gasparri si rimprovera una frase pronunciata poco dopo l’elezione di Obama («Con Obama alla Casa Bianca Al Qaeda è più contenta ») ed è una frase che non è piaciuta neanche a noi. Diciamo pure che definirla una fesseria è dire poco.

Però lasciamo a qualunque cittadino, di destra o di sinistra non importa, un parere su questi manifesti affissi dal Pd. Gasparri, e altri esponenti del centrodestra, li hanno definiti conformi allo stile delle Brigate Rosse, o di Lenin, o di Stalin o di Goebbels, a seconda di chi parlava. A noi hanno ricordato certe prime pagine di Lotta continua sul commissario Calabresi. O le donne rapate a zero e portate in giro per il paese perché erano andate a letto con il nemico. Insomma hanno ricordato quella che in una semplice parola si chiama gogna.

Di fronte alle proteste del centrodestra, il numero due del Pd Dario Franceschini ha parlato di «polverone per coprire la gaffe del presidente del Consiglio». Non c’è bisogno, signor Franceschini: la battuta del presidente del Consiglio su Obama abbronzato il giro del mondolo sta facendo lo stesso, e la stragrande maggioranza dei media italiani parla di quella, non dei manifesti del suo partito che indicano il nemico al pubblico disprezzo. Le proteste del centrodestra al massimo sollevano un po’ di pulviscolo, altro che polverone. Lei come avrebbe reagito, Franceschini, se un esponente del suo partito, dopo aver detto una minchiata (capita anche a quelli del Pd, di dire qualche minchiata) fosse finito sui muri di Roma con la scritta «vergogna» sulla faccia? Non avrebbe forse parlato di una deriva squadristica della destra italiana? Ci chiediamo anche un’altra cosa.

Ci chiediamo che cosa pensi di questi manifesti, oltre che il numero due del Pd, il numero uno. Che è quel Walter Veltroni che non più tardi di mercoledì scorso si è complimentato con il senatore John McCain per come ha reso omaggioal vincitore Obama, per come l’ha riconosciuto presidente, per la collaborazione che gli ha prontamente offerto. Quel Veltroni che ha elogiato la civiltà americana, con il suo rispetto per i rivali e il suo senso di unità, è lo stesso Veltroni che ieri ci pare non abbia pronunciato un fonèma sui manifesti anti-Gasparri?

Il tema è quello delle parole come pietre, a volte come piombo. C’è chi fa battute infelici, da bar brianzoli hanno detto, e c’è qualcuno che fa i manifesti-gogna, e qualcun altro che sputa sull’intero popolo italiano senza che nessuno dica bah. È il caso del Manifesto, che ha scritto - nell’editoriale di ieri - che Berlusconi non perderà neanche un voto, per le sue battute sull’abbronzatura, perché l’Italia è un Paese razzista. Un editoriale-delirio in cui si parla di classi separate e di autobus separati, si parla insomma dell’Italia come se fosse il Sudafrica di vent’anni fa. Ignoranza, nella migliore delle ipotesi.

Ignoranza di chi non conosce la storia d’Italia, il cui collante cattolico ha sempre messo al riparo da tentazioni razziste. Sono le teologie calviniste sulla «predestinazione dei negri» che hanno esportato nei secoli scorsi, nel mondo,razzismi codificati fino a pochi decenni or sono. Ma l’Italia razzista non lo è mai stata: le leggi contro gli ebrei le furono imposte dal fascismo che a sua volta se le vide imporre dalla Germania. Ma il popolo non le ha mai fatte sue, eccezion fatta per qualche fanatico o servo del regime.

Il tema, dicevamo, è quello delle parole come pietre. Ma anche dei due pesi e delle due misure. Ieri l’Unità ha attaccato una vignetta di Forattini in cui si vede George W. Bush che dice alla statua della libertà: «Sciagurata! Mi hai tradito col maggiordomo negro». Ok. Ok anche se abbiamo l’impressione che il bersaglio di Forattini fosse più Bush del «maggiordomo negro». Comunque, leggete qui come chiosa l’Unità: «L’opera di Forattini ci va giù davvero pesante, travalicando la libertà totale che coloro che fanno satira rivendicano come un diritto». Ma certo. Per Forattini la libertà di satira non dev’essere un lasciapassare.

Ma quando Sabina Guzzanti dice che il Papa dev’essere sodomizzato in eterno da due diavoli froci (ah ah che ridere) guai a chi la tocca, la «libertà di satira ». Insomma in Italia a volte si parla come si parla al bar. Altre volte, come in certi vecchi «tribunali del popolo».

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