Andrea Cuomo
Benanti gode di un «terroir» unico: le pendici dellEtna. Il terreno variabile e quasi primordiale - sabbioso, lavico, minerale -, le altezze che giungono a sfiorare i mille metri e le esposizioni differenti (Nord, Est e Sud), fanno di ogni vendemmia unavventura unica. Allo stesso modo lassaggio della carta dei vini Benanti (azienda fondata alla fine degli anni Ottanta dallimprenditore Giuseppe Benanti in un vecchio podere familiare) è un viaggio pieno di scoperte nel quale la parte del leone la fanno vitigni tradizionali e spesso trascurati: sì, limmancabile Nero dAvola; ma anche Nerello Mascalese, Nerello Cappuccio e, tra i bianchi, la rara Minnella e lorgoglioso Carriccante, che qui raggiunge vette qualitative inebrianti.
E partiamo proprio dal Carriccante, quello che, coltivato in contrada Caselle sul versante Sud del vulcano e a 950 metri sul livello del mare, dà vita allEtna Bianco Superiore Pietramarina, il vino più giustamente noto della casa. Di eccezionale mineralità, ma anche ricco di aromi tropicali, agrumati, aromatici: un naso che non finisce più, che prelude a una bocca sapida e potente. Certamente uno dei migliori bianchi italiani, di quelli che nessuno al mondo potrà mai imitare. Il prezzo è di circa 23 euro. Tra i rossi, ci piace parlare dei due «cru»: lelegante Rovittello, da uve Nerello Mascalese e Nerello Cappuccio coltivate a 750 metri sul versante Nord del vulcano; e il potente Serra della Contessa, dalle stesse uve coltivate però a unaltezza più bassa (500 metri) e sul versante Est. La prova di come dalla stessa materia a pochi chilometri di distanza si possano trarre vini dotati di significative differenze caratteriali.
Benanti, un vulcano di emozioni
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