I segreti della longevità nella vita di Maria Branyas Morera: così è arrivata a 117 anni

Dalla forza del sistema immunitario al microbiota "giovane": la scienza studia il corpo della donna più longeva del mondo per scoprire le chiavi della longevità eccezionale

Maria Branyas Morera (foto - Xavier Dengra - Pubblico Dominio)
Maria Branyas Morera (foto - Xavier Dengra - Pubblico Dominio)

Ogni record umano è, per definizione, un’eccezione. Ma quando si tratta di longevità estrema, l’unicità diventa un caso di studio scientifico. È accaduto con Maria Branyas Morera, la donna spagnola che nel 2023 era diventata la persona vivente più anziana al mondo, spegnendo le sue ultime candeline nel 2024, all’età di 117 anni. La sua lunga vita non è stata soltanto un traguardo personale, ma anche un’occasione preziosa per la medicina di osservare, studiare e forse comprendere meglio i meccanismi biologici della longevità umana.

Grazie alla sua disponibilità, il team del dottor Manel Esteller, direttore del gruppo di Epigenetica del Cancro presso l’Istituto di Ricerca sulla Leucemia Josep Carreras di Barcellona, ha potuto raccogliere numerosi campioni biologici da Maria nel corso degli anni: saliva, sangue, urine e feci. Da questi, oggi, arrivano risultati scientifici sorprendenti, pubblicati sulla rivista Cell Reports Medicine.

Un sistema immunitario da supereroe

Uno dei fattori più sorprendenti che hanno caratterizzato la biologia di Maria era la straordinaria efficienza del suo sistema immunitario. Secondo quanto emerso dalle analisi, il suo corpo era ancora in grado, anche in età avanzatissima, di ricordare e combattere efficacemente le infezioni affrontate nel corso della vita, dalla pandemia influenzale del 1918 fino al Covid-19, superato a ben 113 anni.

Ma non solo: il suo sistema immunitario si distingueva anche per l’assenza di autoaggressività, tipica delle malattie autoimmuni e infiammatorie. In sostanza, le sue cellule immunitarie sapevano cosa attaccare e cosa no. A livello clinico, questo si è tradotto in assenza di malattie cardiovascolari, neurodegenerative o tumorali, sebbene Maria soffrisse di alcuni limiti alla mobilità e di sordità a un orecchio fin da giovane.

I "telomeri" della 117enne

Una scoperta ancora più inaspettata è arrivata dall’analisi dei telomeri, le estremità protettive dei cromosomi che si accorciano con ogni replicazione cellulare e che vengono considerati uno dei principali indicatori biologici dell'invecchiamento.

I telomeri di Maria erano il 40% più corti rispetto a quelli di altre persone più giovani. Un dato coerente con la sua età cronologica, ma incoerente con la sua salute straordinaria. Gli scienziati hanno formulato un’ipotesi controintuitiva: telomeri molto corti potrebbero aver ridotto il rischio di proliferazione incontrollata delle cellule, ovvero l’insorgere del cancro. Questo aprirebbe un nuovo modo di leggere i telomeri: più che sintomo di deterioramento, potrebbero essere un orologio cronologico, non necessariamente biologico.

L’età biologica di una novantenne

Attraverso specifici orologi epigenetici, che analizzano l’attivazione o disattivazione dei geni influenzata da fattori ambientali e stili di vita, gli studiosi hanno rilevato che l’età biologica di Maria era inferiore di ben 23 anni rispetto alla sua età anagrafica. In pratica, il suo corpo “pensava” di avere 94 anni.

Un intestino da teenager

Altro dato sorprendente è emerso dallo studio del microbiota intestinale, ormai noto per la sua influenza su salute fisica, immunitaria e mentale. Il microbiota di Maria era simile a quello di una persona giovane, con livelli ottimali di colesterolo e trigliceridi e un’abbondanza di bifidobacterium, un batterio benefico che aiuta a regolare numerose funzioni dell’organismo.

Il suo segreto? Niente di straordinario, apparentemente: consumava tre yogurt al giorno. Oltre a questo, presentava una funzionalità mitocondriale eccellente, ossia un’efficiente produzione di energia cellulare e difesa dai radicali liberi.

Stile di vita sano, ma anche "normale"

Anche le abitudini di vita della supercentenaria non presentavano particolari forzature o privazioni. Maria non fumava, non beveva alcol, seguiva la dieta mediterranea, camminava ogni giorno fino all’età di 94 anni, era socialmente attiva, curiosa, amava leggere, giocare con i cani e suonare il pianoforte, anche dopo i 100 anni. Viveva circondata dalle due figlie, entrambe ultranovantenni, e da una rete affettiva solida. Un’esistenza semplice, equilibrata e piena.

I limiti dello studio (e della scienza)

Come sottolineato dal ricercatore Eloy Santos, coautore dello studio, alcuni limiti importanti vanno comunque considerati: non sono stati prelevati campioni da organi interni o dal cervello, per rispetto della volontà della signora sia in vita che dopo la morte. Inoltre, casi come quello di Maria, per quanto illuminanti, rimangono eccezioni difficili da generalizzare. Ogni supercentenario sembra avere una “formula personale” che combina genetica, ambiente, stile di vita e fattori esterni come reddito, istruzione, qualità dell’aria e assistenza sanitaria.

Il caso Maria e la scienza della longevità

Maria Branyas Morera non ha vissuto per battere un record, ma per godere della vita.

Il suo caso offre oggi alla medicina un’occasione straordinaria per capire meglio come si possa invecchiare in salute e magari allungare la vita media con qualità, anche grazie a scelte quotidiane sane, relazioni appaganti e un equilibrio corpo-mente che oggi la scienza inizia a decifrare.

Il suo messaggio al dottor Esteller, "Studiami, impara da me", è stato accolto. E oggi, forse, siamo un passo più vicini a svelare i misteri dell’invecchiamento.

Commenti
Pubblica un commento
Non sono consentiti commenti che contengano termini violenti, discriminatori o che contravvengano alle elementari regole di netiquette. Qui le norme di comportamento per esteso.
Accedi
ilGiornale.it Logo Ricarica