da Roma
«Meglio tardi che mai...». Quando gli comunicano il via libera di Romano Prodi allampliamento della base statunitense di Vicenza, Silvio Berlusconi sembra quasi lasciar trasparire un pizzico di soddisfazione. Poi, lette le prime agenzie di stampa che da Bucarest danno conto della presa di posizione del premier, il Cavaliere sbotta: «Incredibile, tanto è forte il ricatto della sinistra radicale che non riescono a uscire dallambiguità». E già, perché il sì del Professore in realtà non è altro che un lungo ragionamento nel quale ci si limita a dire che «il governo non si oppone allampliamento», precisando - ad uso e consumo di Verdi, Pdci e Rifondazione - che il problema «non è politico ma di natura urbanistica e territoriale». E spiegando che lesecutivo aveva «offerto altre soluzioni che sembravano equilibrate» ma che «non è stato possibile accettare». Parole che, dice Berlusconi a chi lo sente nel tardo pomeriggio, non fanno altro che confermare che Prodi «è stato costretto» a dire sì nonostante «il ricatto» della sinistra radicale per non pregiudicare del tutto le già delicate relazioni diplomatiche con Washington. Non è un caso, fanno notare ambienti della Farnesina, che dopo ben otto mesi alla guida del governo tra il Professore e George Bush ci sia stato un solo incontro bilaterale (a San Pietroburgo).
Il leader di Forza Italia, dunque, resta convinto che il governo italiano abbia fatto una pessima figura sul piano internazionale. Prodi parla di «problema urbanistico...», davvero uno «spettacolo inaccettabile», la «nostra credibilità ne esce ridimensionata», ripete in più duna telefonata con deputati e senatori azzurri. Daltra parte, la sua posizione sulla vicenda della base militare di Vicenza è chiara da tempo. Ancora ieri pomeriggio - prima del via libera dellesecutivo - Berlusconi giudicava di «straordinaria gravità» e «inaffidabilità nei confronti degli Stati Uniti e dellalleanza Atlantica» un eventuale stop allampliamento già deciso «nella scorsa legislatura». «Sono convinto - si leggeva in una nota del presidente di Forza Italia - che il primo dovere di un grande paese come lItalia sia quello di tenere fede agli impegni internazionali assunti, anche per essere credibile nei confronti degli alleati». E ancora: «Per noi è stato sempre prevalente linteresse nazionale. Seguendo questo principio, tra il 1996 e il 2001, nella legislatura in cui ci trovammo allopposizione di vari governi di sinistra abbiamo sempre sostenuto con il nostro voto tutte le missioni alle quali il nostro Paese aveva scelto di prendere parte. E allo stesso modo in questa legislatura abbiamo approvato, pur con significative e motivate perplessità, la missione italiana in Libano». Perplessità, quelle di Berlusconi, che emergono tutte dalle prese di posizioni molto critiche che arrivano dai vertici azzurri: da Bondi a Cicchitto, passando per Schifani, Lupi, Napoli, Malan, Bertolini.
Ma la giornata del Cavaliere è scandidata anche da una lunga telefonata con l«amico sincero» Hans Gert Poettering, neoeletto presidente del Parlamento europeo.
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