Berlusconi all’Unione: ci sarò per altri 10 anni

«La morale? Non bisogna superare i limiti fisici, talvolta li si dimentica»

nostro inviato a Cleveland
«Adesso se chiudete le telecamere vi saluto uno a uno...». Nella hall dell'Intercontinental, l'albergo all'interno della Cleveland Clinic, Silvio Berlusconi si prepara a tornare a casa. L'umore sembra quello dei giorni migliori e anche l'aspetto non tradisce l'intervento di lunedì scorso. Il Cavaliere, completo scuro e cravatta blu, appare solo un po' dimagrito al punto che, ammette, «ballo un po' nel vestito». E poi, «ho preso un po' di freddo, ma non mi succedeva da dieci anni di avere un raffreddore e ogni tanto ci vuole». «Mi spiace - dice ai cronisti italiani che da quattro giorni presidiano la clinica dell'Ohio - di avervi fatto venire fin qui, però Cleveland è una bella città. Per chi resta, consiglio il museo di Storia naturale, mi hanno detto che ci sono delle proiezioni tridimensionali fantastiche».
Poi, prima di prendere la porta e salire su una delle cinque limousine che lo porteranno insieme al suo staff all'aeroporto, ringrazia i giornalisti che martedì gli hanno mandato gli auguri di pronta guarigione accompagnati da due gemelli di Cartier. «Non me l'aspettavo, davvero. Anche se - dice mostrando il polsino - io uso solo camicie con i bottoni. Lo faccio per risparmiare, ma ne ho già ordinate tre apposta per potermi mettere i gemelli». Insomma, i cinque giorni di ricovero non sembrano aver intaccato il buonumore del Cavaliere, che non perde l'occasione per definirsi «Six million dollar man», facendo il verso alla serie tv americana di metà anni Settanta nota in Italia come «L'uomo da sei milioni di dollari». Il pacemaker, dunque, come la ricostruzione bionica all'avanguardia effettuata sul colonnello Steve Austin. Anche perché - dice ridendo - «mi hanno detto che gli americani, arrivati alla mia età, lo mettono come salvavita per garantirsi altri dieci anni di vita. Ecco, non vorrei spaventare i miei avversari, ma l'ho fatto proprio per questo...».
Alla sua prima apparizione in pubblico dopo l'intervento, dunque, Berlusconi mette di fatto a tacere le voci sul presunto giallo sulle sue condizioni, motivato per alcuni giornali dalla permanenza eccessivamente lunga in clinica (cinque giorni invece di tre). E lo fa a modo suo, arrivando davanti ai cronisti passeggiando insieme a Valentino Valentini e al direttore della Cleveland Clinic con cui si complimenta in francese per l'organizzazione. «Una struttura meravigliosa», dice. Per poi spiegare il perché della scelta americana. «Non certo perché non mi fidassi dei medici del San Raffaele», spiega. Il problema era esclusivamente di privacy. «Se avessi fatto l'intervento a Milano, mi sarei trovato con decine e decine di persone in clinica che chiedevano di visitarmi. E dire di no a tutta questa gente che ti viene a trovare per affetto, come sono stato costretto a fare dopo il ricovero di Montecatini, è davvero poco educato. Così, ho scelto di venire fin qui, lontano dai riflettori e più tranquillo».
E in effetti Berlusconi sembra davvero più riposato. «Mi hanno detto relax and enjoy e io l'ho fatto. Ho finalmente avuto quattro giorni di riposo completo, ho fatto dormite anche di dodici ore e adesso - dice - mi sento davvero bene». Quali insegnamenti positivi da questa esperienza? «Che bisogna sapersi impegnare facendo attenzione ai limiti fisici che talvolta uno dimentica. Questo - fa ammenda il Cavaliere - non è consentito a ventenni, figuriamoci alla mia età. Negli ultimi quindici giorni prima di Montecatini, impegnato ogni sera fino alle due o alle tre di notte con i Circoli della libertà, avevo preteso troppo dalla mia resistenza. Ogni sera, dopo una giornata di lavoro significa mettersi in macchina, arrivare, salutare tutti, fare un discorso di un'ora o più, passare a tutti i tavoli, stringere 500 o 800 mani, fare le foto, scrivere le dediche e poi andare a letto a notte fonda. Credo che ora i ritmi di lavoro vadano un po' rivisti».
L'ex premier, poi, dice di aver gradito «gli infiniti attestati di affetto» che sono arrivati dal mondo politico, anche dall'opposizione. «Non voglio addentrarmi nei particolari - spiega - ma se da alcuni ho ricevuto dei semplici auguri, da molti altri ho sentito accenti di verità. Significa che quando un avversario è ammalato si guardano le cose della sua situazione umana». Con un auspicio: che «ci si possa confrontare in modo dialettico, non come nemici, come qualcuno insiste nel fare, ma come avversari». Anche se - racconta Berlusconi - quello che più gli ha fatto piacere è aver sentito vicina «quella parte dell'Italia che mi ha dato la sua fiducia e di cui sento forte la responsabilità». «Sono stato sommerso - spiega - da telegrammi, lettere, sms e telefonate alle sedi di Forza Italia di tutto il Paese di persone comuni che volevano solo manifestarmi il loro affetto». È per questa ragione che ritiene giusto «non venire meno alla responsabilità che mi hanno affidato il 50 per cento degli italiani, anche se ora credo siano di più».

Prima di andare via, destinazione Milano dove passerà le feste insieme alla famiglia dopo aver brindato anche negli Usa con spumante Aneri, un pensiero al Natale. «Cosa mi aspetto sotto l'albero? Tante cose, ma soprattutto un po' di serenità».

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