Roma - Qualche giorno fa, calendario alla mano, raccontano che Silvio Berlusconi abbia puntato l’indice su due date: sabato 17 e domenica 18 novembre. Perché, ragionava l’ex premier, «allora avremo finalmente certezza del futuro». Che il Cavaliere continua a vedere roseo, dando da tempo per assodato che «il governo cadrà sulla Finanziaria». E visto che l’aula del Senato sarà alle prese con i voti sulla manovra dal 5 al 14 novembre, non c’è dubbio che il weekend successivo sia il momento più adatto per una manifestazione in grande stile.
Così, nel fine settimana il Cavaliere ha preso carta e penna e ha scritto a deputati e senatori di Forza Italia: «Ti prego di contattare tutti gli elettori e tutti gli iscritti della tua città per una grande mobilitazione da organizzare il 17 e 18 novembre attraverso gazebo, dibattiti, diffusione di volantini e altre iniziative». Insomma, una manifestazione a macchia di leopardo con l’obiettivo di «mettere al corrente più cittadini possibile del nostro impegno per mandare a casa questa sinistra dannosa e pericolosa», ma pure con un occhio al Quirinale che - se le cose andranno davvero come pensa l’ex premier - in quelle ore sarà alle prese con la gestione della crisi di governo. E visto che - è cosa nota - il Colle cercherà di evitare le elezioni anticipate per dar vita a un esecutivo che possa mettere mano alla legge elettorale, è chiaro che una mobilitazione di piazza in quei giorni non potrà non avere un effetto deterrente rispetto a Napolitano.
Berlusconi, però, non è affatto intenzionato a forzare la mano, tanto che proprio per scongiurare qualsiasi lettura polemica ha deciso di mobilitare i suoi parlamentari fin d’ora, per giunta con una lettera scritta. D’altra parte, spiega l’azzurro Osvaldo Napoli, «caduto il governo, il boccino passerà al Quirinale». E «in un momento simile è più che mai necessario che i rapporti tra opposizione e Colle siano improntati al rispetto reciproco». Il tutto, però, senza perdere di vista l’obiettivo delle elezioni anticipate. Perché, la butta lì Paolo Bonaiuti, «il tempo di questo governo è scaduto e non vorrei che qualcuno pensasse di prolungare questa scadenza». Insomma, gli fa eco Giulio Tremonti commentando le manifestazioni dell’ultimo mese di An e della sinistra radicale, «la democrazia italiana è viva e per questo bisogna darle quello che chiede, cioè le elezioni».
Se il governo avrà superato la prova della Finanziaria, dunque, la piazza sarà un modo per «convogliare la rabbia che sale da tutto il Paese in manifestazioni democratiche», mentre se si sarà nel bel mezzo della crisi servirà a dire «no» a governi tecnici e chiedere con forza il voto anticipato. Magari derubricando la due giorni di gazebi e convegni per le città italiane a una raccolta di firme in stile leghista per ribadire con più forza che dopo Prodi ci sono solo le urne. Tanto che, spiega un deputato che è di casa a Palazzo Grazioli, «in cuor suo Berlusconi si augura che questa mobilitazione alla fine non sia necessaria».
E già da oggi il Cavaliere guarderà con una certa attenzione verso Palazzo Madama. Perché se la Finanziaria va in Aula il 5 novembre, il voto sulle pregiudiziali di costituzionalità del decreto fiscale agganciato alla manovra è previsto per questo pomeriggio.
Per qualcuno, insomma, sarà il primo banco di prova della maggioranza. Anche se sul punto il Cavaliere è cauto. «Non credo - diceva venerdì sera durante una cena a Palazzo Ferrajoli a Roma - che ci saranno sorprese. Bisognerà aspettare qualche altro giorno...».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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