Bin Laden, il bluff di Obama odora di «sòla»

Caro Granzotto, in tempi non sospetti lei ebbe a definire il presidente Obama un «sòla». Ora a me i recenti comportamenti dell’inquilino della Casa Bianca ricordano un po’ Faruk al tavolo di poker quando, invitato a mostrare il punto vincente, si rifiutò opponendo il famoso «Parola di re». Lungi dal pensare che l’ex Re d’Egitto fosse un sòla, è certo però che l’episodio suscitò molti commenti ironici da parte dell’opinione pubblica. Commenti ipotizzabili ora nei confronti del presidente Nobel per la Pace, con una posta in gioco un po’ diversa. Secondo Lei, la nostra garrula sinistra soffrirà di male al pancino?
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Dopo le ormai note tesi dell’ineffabile Giulietto Chiesa sulle Twin Towers e le bufale raccontate ad Agorà (Rai) circa la vicenda Bin Laden, ora ci si mette anche Mauro della Porta Raffo. Apprezzo l’educata risposta data da Granzotto, ma, forse, un vaffanbicchiere (copyright: Santoro) della Porta Raffo se lo sarebbe meritato. Remare contro, entrare nel club dei dietrologi, insinuare un sospetto sull’operato non sempre chiaro degli Usa in generale e in questo caso di Obama in particolare mi potrebbe anche andar bene. Le molte ombre che gravano sulla descrizione ufficiale dell’accaduto possono far pensare che le cose non siano andate propriamente come descritte; ma da qui a ipotizzare qualche cosa che sa solamente di fantapolitica ce ne corre.
Gianfranco Rebesani
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Cominciamo da Obama, cari amici: si conferma ciò che subito cogliemmo al volo e cioè che egli fosse una sòla stratosferica. Uno che poteva darla a bere alle Concite De Gregorio, ai repubblicones, ai girotondini, al ceto medio riflessivo di Pancho Pardi, ai ricchi epuloni di «Giustizia e libertà», al popolo del Palavobis ivi compreso l’arringatore dodicenne allevato nell’odio antiberlusconiano, alle Bindi e ai Franceschini, certamente ai Bocchino e ai Granata, ai Vendola: in sostanza all’intera genia «sinceramente democratica», notoriamente scriteriata. Non a quanti tengono in nessun conto il colore della pelle e per i quali, dunque, l’esser nero non esime dall’esser bamba. Non sono d’accordo con MdPR, caro Rabesani, ma certo è che nel gestire l’affare Bin Laden il Nobel per la Pace s’è comportato come l’ultimo dei portaborse di Gianfranco Fini. Lasciando che circolassero 141 versioni dell’accaduto, ivi comprese le sue 7, e mostrando di non saper che pesci prendere, se cefalo o se tonno, con la storia delle foto. Insomma, un Commander in Chief dei miei stivali che se già in precedenza molti dolori ebbe ad arrecare al pancino dei «sinceri democratici», con la goffa sceneggiata di questi giorni procura ai medesimi lancinanti coliche addominali.
E veniamo a Mauro della Porta Raffo, il quale ci manda a dire: «Non sono un dietrologo: guardo, nel caso, ai fatti e non alle favole. Adesso, salta fuori la figlia dodicenne di Bin Laden. I giornali, tutti, le danno voce ma chi l’ha vista, chi l’ha davvero sentita? Certo è che Obama e i suoi sono degli incapaci a tutto tondo e stanno facendo la figura dei cioccolatai».

Qui ci siamo, in questo concordiamo toto corde con MdPR: cioccolatai, che nel linguaggio popolare sta su per giù per cialtroni (mi chiedo dove trovi il tempo, Mauro, per seguitare a fare le pulci all’intero villaggio del giornalismo patrio, all’intera amministrazione Obama e, diciamocela tutta, all’universo mondo, mentre è impegnato in una disfida elettorale, essendo candidato - auguri! - a sindaco di Varese per la lista «La Varese che vorrei». «Il nostro maniaco preferito», lo definì Giuliano Ferrara. Stando ai fatti, un titolo davvero ben meritato).
Paolo Granzotto

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