«Bisogna ridurre il divario tra stipendi lordi e netti»

Indubbiamente il mondo del lavoro è cambiato negli ultimi dieci anni. E di molto. Ed ecco che nel Terzo millennio il problema si presenta in tutta la sua complessità. Occorrono nuove regole che guardino al futuro, che superino veti che rievocano le lotte sindacali degli anni 60-70. Ecco perché il mondo del lavoro è una «questione aperta». L’assise di Brescia è un’occasione per capirne di più. Come? Ce lo spiega Walter Galbignani, presidente della Piccola industria di Confindustria Lombardia. «Negli anni passati - dice Galbignani - abbiamo dedicato quest’appuntamento a temi come il rapporto con le banche, le politiche industriali, il capitale umano, la semplificazione amministrativa. Oggi quello del lavoro è sicuramente un argomento prioritario. Parliamo di una realtà che si sta modernizzando sotto la spinta dell’internazionalizzazione. Sono state introdotte regole di semplificazione, ma allo stesso tempo affrontiamo con rigorosità aspetti come la sicurezza». Flessibilità, ma anche tassazione, incontro della domanda e dell’offerta, sono tra i primi punti all’ordine del giorno per il leader delle piccole imprese lombarde. Secondo Galbignani, negli ultimi anni su questi fronti molte cose sono state ottenute, «ma per rispondere alla sua seconda domanda, perché una questione aperta - continua - va detto che molto deve essere ancora concretizzato».
Per quanto riguarda la flessibilità, «dobbiamo insistere per avere contratti più agevoli. Per esempio, si potrebbe fare qualcosa per facilitare il rientro nelle aziende, dopo una riqualificazione, delle risorse più meritevoli».
Altro punto dolente è quello della tassazione: «Dobbiamo ridurre il divario tra stipendi lordi e netti. Nella vita quotidiana le famiglie devono affrontare costi molto elevati. Pensiamo per esempio alle spese sanitarie». Un altro fronte sul quale c’è ancora molto da lavorare, spiega Galbignani, è il rapporto con il mondo della scuola: «C’è carenza di professionalità tecniche - aggiunge -. Dalle università continuano a uscire meno ingegneri del necessario, mentre i laureati in materie umanistiche sono troppi. Dobbiamo spingere gli istituti tecnici a darsi regole più precise e a raccordarsi meglio con le esigenze del sistema produttivo, che crea il lavoro».
Infine, Galbignani vuol dire qualcosa sui giovani: «Dobbiamo aprire le porte delle nostre aziende ai giovani per far capire come anche le realtà più piccole possono essere attraenti.

Può essere più gratificante avere un rapporto diretto con l’imprenditore che essere un numero in una grande azienda. Se il personale è qualificato, la piccola impresa può dare più soddisfazioni umane e anche economiche».

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