Dalla scarnificazione del punk-rock a colpi di urla animalesche, atteggiamenti sbruffoni e provocatori e non accordi, grezzi e sgraziati, alla ricerca esasperata delle radici e delle forze primarie alla musica americana. S'è compiuta così la parabola di Jon Spencer, il 43enne boss della Blues Explosion, passata attraverso le provocazioni al limite dell'inascoltabile dei Pussy Galore sul finire degli anni 80. Una ricerca, personale, sempre estremista ed elettrificata, nei meandri del blues e del rock'n'roll, e cioè dell'anima più urticante del suono popolare contemporaneo, che ha raggiunto da tempo ormai fama e meritati onori. Sebbene perlopiù underground.
Ad accompagnare lo spericolato cantante-chitarrista, discepolo dei vecchi bluesman neri (riletti, sia ben chiaro, in modo irriverente e dopo aver assimilato la lezione di Cramps e Sonic Youth), i suoi due fedelissimi Judah Bauer (chitarra) e Russel Simins (batteria), assieme ai quali ha realizzato album davvero ragguardevoli negli anni Novanta: su tutti «Extra Width» ed «Orange». Col passare del tempo, però, la formula una volta originalissima e incandescente ha iniziato a mostrare la corda, a tal punto che dopo «Damage», datato 2004, il trio newyorkese è entrato in stand by.
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