Cultura e Spettacoli

Bob Dylan e Sheryl Crow cantano il tesoro inedito del ribelle Hank Williams

Quando il trasgressivo Jim Morrison portava ancora i calzoni corti, il Primo gennaio 1953, Hank Williams, re del country, lasciava la pelle sul sedile posteriore della sua Cadillac bianca, imbottito di alcol e di pillole, distrutto fisicamente e psicologicamente. Al suo fianco alcune bottiglie vuote e nelle sue mani un foglietto con l’incipit del testo di una nuova canzone. Forse proprio una di quelle ballate inedite, abbozzate su un taccuino recentemente ritrovato, che i suoi discepoli Bob Dylan, Jack White, Sheryl Crow, Norah Jones, Lucinda Williams, Levon Helm ed altri hanno completato e racchiuso nel cd The Lost Notebooks in uscita a fine settembre. Originariamente avrebbe dovuto essere il nuovo album di Bob Dylan, poi si è pensato ad un tributo collettivo alla stella più selvaggia e brillante della musica country, cui tutti si sono ispirati.
Tra il 1947 e il ’52 segna la storia registrando decine di classici come I’m So Lonesome I Could Cry, Your Cheatin’ Heart, Honky Tonk Blues, Jambalaja (On the Bayou). È un re dal portamento snello ed elegante, dagli abiti ed i cappelli da cowboy fatti su misura, dagli stivali coloratissimi che, sotto l’immagine dandy, nasconde la tragedia di un uomo che non vuole affogare nel becero moralismo della gabbia dorata di Nashville. Alcol e pillole sono l’esorcismo che tengono lontano il suo mal di vivere, la medicina che lenisce il dolore alla schiena che la cosiddetta «spina bifida» gli ha lasciato in eredità permanente. Canta con l’anima, con una vena di tristezza che colpisce diretta al cuore, ma non passa giorno in cui non finisca in mezzo a una scazzottata da Far West, che non tenti di spaccare una bottiglia di whisky in testa a qualche malcapitato, che non devasti i camerini della Grand Ole Opry, la Scala del country. Quando sale sul palco è un idolo; quando ne scende è un personaggio ingombrante. Il suo declino comincia una sera di primavera mentre sta entrando in scena ubriaco fradicio. «Con una fiatata avrebbe potuto uccidere una decina di insetti; mi piangeva il cuore, ma ho dovuto buttarlo fuori», dirà il direttore del teatro. Si bruciò in una notte, ma la sua fama continua a diffondersi sia come artista (non a caso la morte è un classico nei suoi brani con titoli come Death Is Only a Dream, I’ll Never Get Out of This World Alive, titolo rivelatore per Jim Morrison, The Angel of Death di cui il senatore country Fred Rose disse: «Se Hank canta dell’angelo della morte puoi star sicuro che lo sta guardando dritto in faccia»), sia come desperado. Nell’agosto 1952 viene arrestato in Alabama dopo una rissa in stato di ubriachezza. La foto sui giornali è choccante; un robot scheletrico che si regge in piedi a fatica fissando allucinato l’obiettivo. Quando esce ha ancora la forza di mandare in visibilio il pubblico del Louisiana Hayride, eterno rivale dell’Opry e preparare il rilancio in grande stile con uno show a Canton, Ohio, previsto per l’1 gennaio ’53.
Quando parte da Montgomery, Alabama, per il suo ultimo viaggio, il cielo «piange» una pioggia fittissima, che a Knoxville si trasforma in tempesta di neve. La Cadillac bianca, guidata da un autista occasionale, rimane bloccata e Williams si chiude in un alberghetto con una bottiglia di whisky e una di nitrato di cloro. Quando il tempo migliora riparte, si adagia sul sedile posteriore e si addormenta dolcemente. La Cadillac viaggia spedita e viene fermata persino da una pattuglia della stradale cui Carr dice: «È Hank Williams, stasera torna a cantare, è sotto l’effetto dei sonniferi, lasciatelo riposare». Cinque ore dopo scopre che il re del country se n’è andato per sempre. Ha 29 anni ma i suoi organi, secondo il medico legale, sono quelli di un uomo di 60 anni. Pochi giorni dopo la sua morte nascono i primi brani che ne celebrano il mito come Hank It Will Never Be the Same Without You o The Death of Hank Williams, coronamento del sogno d’immortalità inseguito lottando per trasformare la musica country in musica d’autore.A chi gli chiedeva il segreto del successo, Williams rispondeva: «Sincerità.Il cantante country è più sincero degli altri perché ha avuto una vita davvero dura. Deve aver lavorato fino allo sfinimento e aver sentito l’odore dei muli nei campi. Devi saper parlare a gente con un cuore forgiato nella pietra».
Sin da giovane Dylan disse di lui: «È l’aratro che ha tracciato il solco, dopo di lui il country non è più stato lo stesso», e Jerry Garcia: «Grazie a lui abbiamo capito quanta forza ribelle ci fosse nel folk».

Per questo così tante star si sono impegnate a completare i testi di solitudine, amori perduti, tradimenti, disagio esistenziale scritti e dimenticati da Hank, come You Know That I Know, elaborata da Jack White, che parla di una ragazza sbandata dai capelli rossi, o la triste The Love That Faded di Dylan che ha coinvolto il figlio Jakob nella struggente Oh Mama, Come Home.

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