Massimo Malpica
Stesse denunce, stessi video dei genitori, stessi presunti riscontri. Stessi atti, insomma. Ma valutati in maniera completamente diversa prima dal pm, poi dal gip e infine dal tribunale del Riesame. Il collegio presieduto da Bruno Scicchitano, alla fine, ha creduto alla difesa anziché allaccusa. Vediamo perché.
A colpire in particolare i giudici del Riesame sono stati un paio di passaggi della memoria difensiva presentata dai legali della maestra Patrizia Del Meglio e del marito Gianfranco Scancarello. Il primo è quello in cui vengono passate al setaccio le incongruenze dei racconti indiretti dei bambini e, soprattutto, dei filmati consegnati alla procura dai genitori. Un punto che segna, osservano gli avvocati, «il definitivo naufragio dellipotesi accusatoria». Quei filmati rivelerebbero infatti «vistose forzature» fatte dai genitori dei piccoli nel tentativo di «interpretare pregiudizialmente comportamenti assolutamente normali (...) in chiave di pregresso abuso», oltre a cercare di «ottenerne conferma, attraverso una interminabile serie di domande orientate e suggestive». Insomma, più che un riscontro allaccusa, si tratta di documenti «che pienamente comprovano linquinamento probatorio realizzato dai genitori sul materiale dichiarativo poi riportato allautorità giudiziaria». Mentre nella sua ordinanza, a proposito dei video «familiari», il gip parlava di «correttezza delloperato dei genitori»: un punto che la difesa degli indagati non ha mancato di rimarcare trovando una sponda nel Riesame. E ancora. «Dai filmati emergono suggerimenti addirittura inauditi provenienti dai genitori che contribuiscono anche a chiarire le dinamiche, attraverso le quali dei presunti racconti (tuttaltro che spontanei) provenienti dai bimbi, sia stato possibile ricavare gli elementi sempre più allarmanti via via riferiti dai genitori». A dir poco clamorosa la circostanza, ripetuta in più filmati, dei nomi degli indagati riportati in ordinanza ma che in realtà non vengono menzionati nei video. Un esempio dalla memoria: «Non è affatto vero che la bambina (...) racconti che quando esce di scuola va con la macchina della maestra Marisa, in casa della stessa maestra, un posto lontano dove ci stanno i cuoricini per finta e dove ad attenderli ci sono Patrizia e la bidella Cristina. In effetti i nomi di Patrizia e della bidella Cristina non vengono mai menzionati dalla bambina (...) e il nome della maestra Marisa viene menzionato in tuttaltro contesto; per il resto la bimba (...) dichiara presenti ai giochi anche la nonna(!) e a un certo punto anche (...) e (...) che sono i suoi cuginetti». Un falso, dunque. Altro aspetto decisivo per lesito del Riesame è stata la globale critica alla consulenza psicologica sui bambini. Un elemento centrale nellimpostazione accusatoria, tanto che mercoledì proprio sul riscontro fornito dalla psicologa Marcella Fraschetti ha insistito il pm Marco Mansi per chiedere il rigetto del ricorso dei sei arrestati. Non solo difendendo le prime consulenze, ma anche le tre nuove, depositate a inizio settimana, che riguardano altre quattro bambine. E che, ha tentato di sostenere il magistrato, rendono la vicenda «ancor più allarmante», aggravando «vieppiù il quadro indiziario a carico degli arrestati». Ma proprio sul Ctu sembra focalizzarsi lattenzione del Riesame impressionato dai riferimenti della difesa «sullinadeguatezza del piano metodologico-culturale e operativo», sulla gravità della mancata videoregistrazione degli «interrogatori», sulla «confusione di ruoli» della psicologa che si sarebbe messa a fare linvestigatrice, violando, complessivamente, «sette linee guida della carta di Noto». E ancora: lassoluta mancanza di riscontri oggettivi e inconfutabili alle accuse, lassenza di intercettazioni favorevoli alla tesi della procura, i referti medici che escludono segni di violenze laddove si è parlato persino di sodomizzazione, il pregiudiziale appiattimento sulla convinzione della colpevolezza di sei persone incensurate.
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