Bollicine giuste per il brindisi (alla faccia dello spread)

Tra i riti del Capodanno sono immancabili le bottiglie: se lo spread sale, consolati con le bollicine. Dal Sud ormai arrivano spumanti ottimi: occhio a cogliere le occasioni

Bollicine giuste per il brindisi  (alla faccia dello spread)

Roma - Se lo spread sale, consolati con le bollicine. Se lo spread scende, festeggia con le bollicine. Se lo spread resta invariato, beh, bevi comunque bollicine. Parafrasando la pubblicità di un brandy che qualche decennio fa (molto prima delle pay-tv e del campionato-spezzatino) giocava con i sentimenti dei tifosi appena usciti dall’ottovolante di emozioni di Tutto il calcio minuto per minuto, ecco il leit-motiv del brindisi 2012. Bambole, non c’è un euro o quasi. E quel quasi finisce nei calici dell’ultima notte del 2011, a esorcizzare uno degli anni più orribili che il dopoguerra ricordi - quello a cui oggi diciamo addio senza rimpianti - e a sperare con dita incrociate che quello che ci aspetta sia meglio. E non dite che ci vuole poco, che vi sentiamo.
In alto i calici, dunque. Ne abbiamo davvero bisogno. E dentro, a quei calici, che ci mettiamo? Roba buona, vi prego, che la vita è già troppo amara. All’uopo abbiamo selezionato una decina di etichette di spumanti dal buono all’eccelso, tutti italiani (con una sola eccezione: un grande Champagne per chi proprio non può - o non deve - farne a meno), di buona reperibilità e per tutte le tasche, suddivise in cinque fasce di prezzo, a partire dai 6 euro a bottiglia, perché di meno proprio non si può. Si tratta di dieci ottimi brindisi, naturalmente in crescendo, che costituiscono un viaggio nelle più grandi regioni spumantistiche italiane, con un paio di sorprese. Si parte con il Tener di Vigne Regali, azienda piemontese del colosso Banfi: un Sauvignon+ Chardonnay semplice e agrumato. Si sale leggermente con due Prosecco, esponenti di un territorio, quello di Valdobbiadene, che rappresenta il più straordinario case history recente di successo di un vino italiano. Detto che il Prosecco è un uva e non il sinonimo di aperitivo frizzante («ci facciamo un prosecchino?» è frase che a chi scrive fa riconsiderare la sobrietà), i due esemplari da noi scelti sono proprio degli ottimi vini: sono il Vigneto Giardino Dry di Adami e il Bandarossa di Bortolomiol. Poi ecco - udite udite - due spumanti meridionali. Già, perché ottimi spumanti si danno anche in regioni calde come la Puglia da cui arriva il Brut dell’azienda d’Araprì (Bombino Bianco e Pinot Nero) e la Sicilia da cui sbarca il Brut Almerita della storica azienda Tasca d’Almerita (Chardonnay in purezza). Provate e sbalordite.
Siamo ormai nell’empireo della spumantistica italiana. Che vuol dire Franciacorta, la terra da cui arrivano i vini più blasonati, prodotti con metodo classico, lunga sosta sui lieviti e i vitigni classici della Champagne: Chardonnay, Pinot Nero e Pinot Bianco (in Francia Pinot Meunier). Ne abbiamo selezionati tre per diverse fasce di prezzo: il Brut di Enrico Gatti, un prodotto di (eccelsa) scuola; il Soul di Contadi Castaldi, tra i migliori campioni di Satèn, tipologia tipica del Franciacorta con una bocca vellutata assicurata da bollicine meno aggressive; e la riserva Vittorio Moretti di Bellavista, il Messi della spumantistica italiana. Dal Trentino arriva infine un classico di alta scuola: il Perlé Nero di Ferrari della famiglia Lunelli, un blanc de noir di innata eleganza.
E gli Champagne? Ne abbiamo scelto soltanto uno. Ma che Champagne.

L’R.D. del 1999 di Bollinger, dagli aromi enciclopedici, dalla bocca quasi erotica e dal finale salino e misurabile in minuti e non in secondi. Un anno che finisce così, per quanto orribile, non è del tutto buttato. Cin.

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