Bolt non far lo stupido stasera, Antonietta metti le ali

Di Martino e Bolt, a ciascuno il suo. L’Italia dell’atletica oggi starà stretta alla sua signora dell’alto, tutti in volo sulle ali della speranza. Speranza di acchiappare la medaglietta che restituirebbe un pizzico d’orgoglio alla patria azzurra un po’ arrossita. Non sarà facile, la Di Martino è nostra signora dei miracoli: un oro indoor, un argento ai mondiali di Osaka, quel 2,04 spaventoso vedendo l’altezza sua (m.1,69) a fronte del metro e 80 della russa Chicherova, del metro e 92 della croata Vlasic o il metro e 81 dell’americana Barrett. Umana certo, miracolosa pure. Ecco, oggi ci vorrebbe la versione celestiale. Lei non lo dice, ma lo fa intendere: «Sarà importante arrivare a due metri senza errori, non so se basteranno per arrivare sul podio».
Ma se l’Antonietta nazional popolare sarà solo cosa nostra e del gotha del salto in alto, Usain Bolt sarà il bijoux, il babbà che ancora non ci siamo gustati. Quella storia della partenza falsa non gli ha tolto la voglia di far show. «Mi ha fatto solo un po’ arrabbiare. Ma ora sono concentrato su altro», ha raccontato. Ieri ha ripassato tutto il repertorio tra batterie e semifinali. E quando ha messo il silenzio a se stesso e allo stadio, è ripartito dal blocco delle sue pene. Partenza con la reazione più alta, ma poi è stato un gioco: tempi alti (20”30 e 20”31). Bolt ha corso impegnato per 100 metri eppoi sempre un po’ distratto, guardando avversari e tabellone quasi volesse specchiarsi. Oggi non sarà così, c’è aria di 19”60-19”70.Non proprio di record. Il grande ammaliatore ha dato sensazione di poter anche correre con le mani legate. E gli avversari hanno confermato: solo Bolt può battere Bolt. Christophe Lemaitre, il bianco francese della compagnia gli ha detto qualcosa, non all’orecchio. Miglior tenpo (20”17) delle semifinali, corsa decisa, seria, concentrata nello sforzo, tutt’altro stile e determinazione: a rigor di tempi ha corso un metro e mezzo più forte di Bolt, ma oggi sarà solo il Bolt europeo. Magari finalmente da medaglia, come meriterebbe. Intanto ieri la sfida sprint Giamaica-Usa è andata sul 2-1 con il bel filare della Campbell Brown nel derby in scarpe rosa con la Carmelita Jeter.
Sogni che vanno, sogni che si spengono. Ci sono rimasti male in tanti nel vedere Oscar Pistorius in tribuna durante la finale della staffetta 4x400 che si era orgogliosamente conquistata il giorno prima. Il ct sudafricano ha rischiato l’impopolarità, ma alla fine la staffetta ha raggiunto l’argento dietro agli americani con corsa coraggiosa, al limite dell’oro nell’ultimo testa a testa risolto da LaShawn Merritt. Quando si dice che lo sport è impietoso. Forse questo è un caso. Tutto il mondo avrebbe voluto vedere Blade runner scoprire che i sogni si avverano. I suoi si sono avverati per trequarti: poi è intervenuto l’uomo, con la sua razionalità. Era chiaro dalle prove individuali che Pistorius non regge due gare di fila allo stesso ritmo. Il Sud Africa ha inserito Van Zyl, bronzo nei 400 ostacoli, capace di reggere grandi tempi. La staffetta non ha raggiunto il record nazionale, come il giorno prima, ma ha tenuto botta. La delusione personale c’è stata. «Sono sconfortato», ha raccontato Pistorius su twitter. «È stato difficile guardare dalla tribuna. Per me essere qui vale più di essere un campione del mondo. Gli dei mi proteggano. Grazie a tutti». Peccato che i sogni finiscano al tramonto.... di Daegu.
Ieri il mondiale coreano si è consolato con la straordinaria finale del giavellotto femminile, conclusa con misura al limite del record del mondo in un botta e risposta fra la russa Abakumova e la ceca Spodakova.

Eppoi con il novellino tedesco Storl, che ha migliorato il suo personale di 70 cm, e a 21 anni è diventato il più giovane campione del mondo di getto del peso, titolo che la Germania non aveva mai vinto. Infine il numero profetico di Dwight Philipps, 1111 scritto sulla pettorina: quanti sono i titoli mondiali, con quello di ieri, vinti in cinque edizioni.

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