Ci sono state complicità e omissioni allinterno del tribunale di Milano nel consentire a Giuseppe Grossi, il re delle bonifiche ambientali, di preparare il suo colpo migliore: la messa in sicurezza della Sisas di Pioltello, la vecchia fabbrica chimica che ha inquinato in modo terribile il sottosuolo del territorio a est di Milano. Che Grossi avesse gonfiato a dismisura il costo della bonifica Sisas, ottenendone in cambio grandi vantaggi, è stato ampiamente scritto dopo larresto dellimprenditore: finito in carcere per unaltra bonifica, quella di Santa Giulia a Rogoredo, ma al centro dellinchiesta dei pm Laura Pedio e Gaetano Ruta anche per il gigantesco affare di Pioltello.
Tutto da scrivere è come allinterno del tribunale di Milano si sia spianata la strada alloperazione di Pioltello. Il tribunale entra in scena perché la Sisas, la vecchia azienda proprietaria dellarea, fallisce. A prendere in mano il fallimento il giudice Bartolomeo Quatraro, presidente della sezione fallimentare, delega il commercialista milanese Vittorio Ottolenghi. Ed è Ottolenghi a firmare la convenzione che permette a Giuseppe Grossi di mettere le mani sul terreno di Pioltello. In teoria laffare è semplice e trasparente: Grossi si sobbarca lonere della bonifica, in cambio la Sisas gli cede una parte dei terreni. Però serve capire quanto costa la bonifica, e quanto valgono i terreni. Ed è qui che iniziano gli inghippi. Una perizia quantifica in 120 milioni di euro il costo della bonifica: a firmarla è curiosamente Claudio Tedesi, lo specialista che è già a libro paga di Grossi per la bonifica di Santa Giulia. Unaltra perizia stabilisce che i terreni destinati a Grossi valgono 19 milioni. Peccato che entrambe le perizie siano sballate. Bonificare Pioltello costa molto meno. E i terreni valgono molto di più.
Eppure la convenzione viene firmata. Anche perché lastronomica valutazione dei costi di bonifica, i 120 milioni, viene fatta propria senza tante storie dal ministro per lAmbiente dellepoca, il verde Alfonso Pecoraro Scanio. Tutti daccordo. A rompere le uova arriva una società creditrice della Sisas, il gruppo Air Liquide, che fa rifare i conti, e scopre che bonificare Pioltello costa meno della metà dei 120 milioni pretesi e ottenuti da Grossi. E che i terreni che Grossi ottiene in cambio valgano molto di più lo scrive, in una perizia bis, lo stesso autore della prima valutazione: non 19 milioni ma 40. Anzi, tenendo conto delle varianti urbanistiche già pronte, 94 milioni. Grazie allaccordo con la curatela fallimentare Grossi sta facendo il colpo del secolo.
Di fronte allenormità della cosa, Air Liquid si rivolge al tribunale chiedendo che il curatore Ottolenghi venga sollevato dallincarico: anche perché si scopre che si è ben guardato dal denunciare i vecchi vertici della Sisas, i responsabili del devastante inquinamento dellarea. Il 10 febbraio 2009 si tiene ludienza. A presiedere il tribunale è Quatraro, lo stesso giudice ha nominato Ottolenghi. Si presenta anche il pubblico ministero Laura Pedio, che chiede ai giudici di sospendere la decisione fino al termine delle indagini preliminari. E adesso si capisce perché: in quegli stessi giorni la Pedio sta ascoltando le telefonate che si scambiano i protagonisti della vicenda, e sta scoprendo in diretta i rapporti sotterranei che legano il curatore Ottolenghi e gli uomini di Grossi.
Ottolenghi è un pubblico ufficiale, dovrebbe tutelare la giustizia e i creditori della Sisas. In realtà, raccontano le intercettazioni, si muove di concerto con Grossi, cioè con chi sul fallimento Sisas sta preparandosi a guadagnare una valanga di milioni.
Il 5 febbraio, con un provvedimento di una paginetta e mezza, il tribunale presieduto da Quatraro respinge listanza. Laffare può andare avanti.
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