Emma Bonino, una che ha sempre goduto di buona stampa, ieri ha voluto mettere la stampa alla prova. Si è inventata una balla: al settimanale Diva e Donna, che le aveva chiesto un’intervista sulla fame nel mondo, ha raccontato di essere innamorata, insomma di avere un fidanzato segreto, «che non è un politico e non è italiano»; poi, siccome le pareva di non averci messo abbastanza pepe, ha aggiunto di non avere mai fatto sesso con Marco Pannella.
La trappola di Emma ha funzionato. C’è cascato Diva e Donna, e ci sono cascati alcuni quotidiani che hanno ripreso la notizia e l’hanno commentata: sapessi com’è strano, sentirsi innamorati a sessant’anni. Così ieri la Bonino ha potuto sbeffeggiare i giornalisti, indicarli al pubblico disprezzo come cialtroncelli pronti a scaldarsi solo per il gossip. Se parlo del vertice Fao - questo in sostanza il ragionamento della Bonino - non mi fila nessuno; se m’invento un fidanzato, conquisto almeno una mezza pagina. «Vedo - ha detto ieri a Radio Radicale - che su questo i quotidiani scrivono, importanti firme imbastiscono ragionamenti sociologici, fanno grandi ricerche d’archivio, mi telefonano. È un bel test sul giornalismo italiano, credo».
Non abbiamo alcun nervo scoperto, sulla vicenda, per il semplice motivo che il Giornale è stato uno dei pochissimi quotidiani, o forse l’unico, a non pubblicare un rigo sulla presunta love story. Potremmo quindi menar vanto di aver schifato il giornalismo dei pettegolezzi; oppure di aver intuito che l’esistenza di un fidanzato della Bonino è credibile quanto quella del mostro di Lochness, degli Ufo e dell’alternativa di centro.
Invece no: diciamo che non troviamo nulla di sconveniente, ad esempio, nell’articolo che ha scritto su Repubblica Filippo Ceccarelli per esprimere sconcerto sull’ennesimo outing di un politico (se le tenessero per loro, dice giustamente Ceccarelli, le faccende private). Emma la maestrina lo rimanda a settembre dicendogli proprio voi, voi giornalisti che in queste cose ci sguazzate. E sarà anche vero, che ci sguazziamo. Sarà anche vero che il «circuito mediatico» è così meschino da dare più spazio alle sciocchezze che alle cose serie. Ma se c’è qualcuno che su questo vizietto ha campato e campa tuttora, se c’è un partito politico che ha capito fin troppo bene come si fa a trovare spazio sui giornali, questo è proprio quello della signora Bonino.
Le ricordano niente, signora vicepresidente del Senato, le foto degli aborti praticati «per disobbedienza civile» con le pompe delle biciclette? E quanti chilometri quadrati di giornali - e ore e ore di tv - ha rubato Marco Pannella con i suoi digiuni che cominciano regolarmente con un «mi lascio morire», proseguono immancabilmente con gli allarmati bollettini medici, e finiscono infallibilmente in trattoria? E vogliamo parlare degli spinelli fumati in diretta per farsi arrestare?
Mezzi estremi, si dirà, per richiamare l’attenzione su nobili battaglie. Può darsi. Ma la candidatura di Toni Negri in Parlamento? E quella di Cicciolina? Il primo predicava la rivoluzione, la seconda faceva vedere le tette davanti a Montecitorio: in tutti e due i casi l’audience era assicurata, l’attenzione sui radicali pure.
Épater le bourgeois: questa è sempre stata la tattica con cui un partito dell’uno virgola (quando va bene) ha potuto ottenere, dai media, uno spazio inversamente proporzionale alla propria rappresentanza nel Paese. Questa, e anche quella del pianto greco: appena fatto il pieno di visibilità, i radicali regolarmente partono con l’autocommiserazione, le denunce contro la censura e il regime, le bocche imbavagliate «perché non ci fanno parlare». Ecco perché dà fastidio la predica della signora Bonino: perché non viene da un pulpito, ma da un sepolcro imbiancato. Viene da chi sul tanto disprezzato media-system ha sempre marciato e continua a marciare.
Fessi noi, intendiamoci.
Michele Brambilla
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