Da borghesi a poveri. La vita degli italiani con 500 euro al mese

Vivono una vita apparentemente normale ma non hanno neanche i soldi per comprare da mangiare. A Milano solo i romeni sono più bisognosi dei nostri connazionali

Da borghesi a poveri. La vita degli italiani con 500 euro al mese

Aspettano in fila per un pasto con un borsone semivuoto a tracolla, contenente pochi vestiti. Qualche volta dormono in macchina. Non sono leggende, è la realtà di un Paese impoverito, impegnato ad accogliere decine di migliaia di profughi, ma dove altrettanti invisibili italiani si muovono tra i servizi sociali, i marciapiedi, le mense per indigenti. Non sono barboni, è una classe media spolpata da una crisi che non si vede dai luccichii dei centri storici, ma che striscia davanti ai portoni della Caritas e di miriadi di associazioni di volontariato: la metà delle persone che chiedono aiuto ai centri di soccorso è italiana. Italiani che nessuno ospita nelle proprie case, perché sono loro a non chiederlo, per motivi di orgoglio, avendo perso il lavoro, o perché hanno rapporti disgregati da una depressione che avanza al passo della povertà.

Sono gli espulsi della società, coloro che nel linguaggio delle statistiche vengono chiamati ora i «nuovi poveri». Secondo l'ultimo rapporto Istat del mese di luglio, gli italiani poveri sono in questo momento 7,4 milioni, di cui 4 milioni 102mila in povertà assoluta: sono persone in «povertà alimentare», che hanno problemi economici tali da non potersi garantire il cibo quotidiano. La percentuale degli italiani che ricorrono ai servizi Caritas e dei Comuni non è mai stata tanto elevata. A Napoli, secondo gli ultimi dati dell'Arcidiocesi, gli italiani che si rivolgono ai centri di ascolto della Caritas sono schizzati al 60%, quasi uno su tre è un padre separato di età compresa tra i 45 e i 54 anni. Sono persone che devono umiliarsi per sostenersi, che lavorano ma che guadagnano troppo poco, i working poors , come un ricercatore universitario che, oltre al pasto, ha chiesto un computer per poter lavorare. In Campania, secondo quest'ultimo focus sui redditi, solo il 39% delle persone ha un lavoro stabile.

A Milano, alla mensa dell'Opera di San Francesco dei padri cappuccini (896mila pasti nel 2014), gli italiani rappresentano la seconda etnia di ospiti dopo i romeni. A Roma, su 2.807 iscrizioni nel 2014 alla mensa della comunità di Sant'Egidio, 417 erano di italiani. I nuovi poveri sono operai di ditte fallite, ma anche dipendenti pubblici e qualche volta professionisti. A Bari è stata creata una Onlus di aiuto per gli avvocati in crisi. L'ultimo rapporto Adepp sulla previdenza segnala che i giovani professionisti hanno entrate spesso inferiori a quelle di un operaio. Un avvocato sotto i 40 anni guadagna in media 24mila euro lordi l'anno, un architetto e un ingegnere 18mila lordi, una cifra che nelle grandi città non è propriamente sinonimo di benessere, soprattutto se il capofamiglia deve sostenere i figli dopo una separazione.

Si stanno moltiplicando le iniziative per creare alloggi destinati ai padri divorziati, i più vessati dalla crisi e da un livello di occupazione giovanile in ritardo nei tempi: in Italia un ragazzo su quattro, tra i 15 e i 29 anni, è un neet, l'acronimo inglese per indicare chi non studia e non ha un lavoro. Lo studio 2015, sempre della Caritas, sull'impatto della crisi nei Paesi deboli della Ue, dice che in Italia c'è un rischio di povertà e di esclusione sociale per il 28,4% degli italiani, un dato inferiore solo a Grecia e Cipro.

L'appello di papa Francesco all'apertura delle Canoniche per i profughi è già anticipato da alcune iniziative locali partite nel corso di quest'anno, proprio in quelle zone dove il tasso di chiusura delle imprese è più elevato, e ad essere poveri non sono solo gli stranieri. Come a Vicenza, che ha perso 2.800 posti di lavoro nella provincia con il fallimento di oltre 450 imprese artigiane.

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