Le Borse non si riprendono. Spread in altalena

Meglio di lunedì, quando erano stati polverizzati 200 miliardi di euro, ma ancora male. Nelle Borse, questo settembre appena iniziato assomiglia tristemente ad agosto, con i listini tutti rivolti verso il basso al termine di un’altra giornata tesa, condizionata dalle cifre deludenti sulla crescita dell’euro zona (+0,2% nel secondo trimestre, +1,6% annuo), dalla battuta d’arresto dell’industria tedesca (ordini in calo del 2,8% in luglio) e - a Piazza Affari - dalla messa a punto della manovra finanziaria. Difficile stabilire quanto del ribasso di poco inferiore al 2% di Milano, arrivata peraltro a perdere nel corso della seduta oltre il 3%, sia attribuibile alle misure di risanamento. Né aiuta l’andamento dello spread tra Btp e bund, attestatosi a 365 punti base dopo l’annuncio di Palazzo Chigi, al di sopra dei 355 del primo pomeriggio, ma ampiamente sotto il picco giornaliero della mattinata, a quota 380.
L’Eurotower continua comunque a offrire il proprio sostegno all’Italia, in attesa che giovedì il presidente Jean-Claude Trichet torni sull’argomento per meglio chiarire come si muoverà in futuro. Anche alla luce delle parole con cui Mario Draghi, futuro numero uno dell’istituto, ha sottolineato lunedì che il programma di acquisto di bond è temporaneo e «non può essere usato per aggirare il principio fondamentale della disciplina di bilancio». La situazione di Eurolandia è seguita con particolare attenzione in America, dove il miglioramento oltre le attese dell’indice manifatturiero non è servito ad attenuare le paure di recessione (-1,5% Wall Street a un’ora dalla chiusura). Il presidente della Fed, Ben Bernanke, non ha escluso in una lettera inviata a uno dei componenti della commissione bancaria, un possibile impatto sui mercati finanziari della crisi europea, ma ha anche spiegato di ritenere «gestibile» l’esposizione delle banche americane alla crisi di Grecia, Irlanda e Portogallo. Gli investitori attendono gli interventi di domani di Bernanke e del presidente Obama per valutare possibili nuovi aiuti.


La Svizzera ha intanto preso contromisure per arrestare l’apprezzamento della propria moneta fissando un rapporto minimo di 1,20 franchi per euro (e la Borsa è salita del 4,36%). Una mossa che pone sempre il problema della sua sostenibilità nel tempo, anche se la banca centrale elvetica si trova comunque nella favorevole posizione di avere una dotazione di munizioni praticamente infinita.

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