Borse di studio ai meridionali ma solo se bravi e non evasori

Federalismo universitario: Cota è furioso perché a Torino troppi assegni vanno agli studenti del Sud. La soluzione potrebbe essere questa: prove uguali per tutti e controlli a campione sui 740. Successo negli Usa: il 40% dei fondi per la ricerca mediaca agli italiani

Borse di studio ai meridionali  
ma solo se bravi e non evasori

L’iscrizione all’università sotto casa come scelta prioritaria per continuare gli studi e laurearsi è un fatto relativamente recente, spesso una decisione obbligata per gli alti costi di mantenimento al di fuori della casa di famiglia. Ma in passato era una scelta ambita dai giovani che ritenevano il distacco dalla città di origine una possibilità di sviluppo della propria maturità e un’opportunità d’apertura verso il mercato del lavoro.

Le grandi città erano le sedi accademiche preferite, sia perché generalmente là si trovano le università migliori, sia perché, insediandosi nella metropoli, è più facile trovare un’occupazione. Questo tipo d’esperienza non dovrebbe essere interrotto: è una delle cose più belle per un ragazzo che si iscrive all’università. Naturalmente studiare costa e spostarsi per vivere in un’altra città costa ancora di più.

Ci sono le borse di studio per venire incontro ai ragazzi di famiglie non abbienti. Le cifre non sono un granché: generalmente sui 4.600 euro all’anno. Poco ma meglio di niente, al punto che si è aperta la polemica sulla loro assegnazione nell’università torinese.
L’occasione è l’abbondante sforbiciata del ministro dell’Istruzione ai finanziamenti destinati alle borse: sette milioni per l’anno prossimo a fronte dei 17 di quest’anno. Molti studenti sono rimasti senza sovvenzioni. In loro difesa è intervenuto il presidente della Regione Piemonte. Perché quest’interessamento? Perché sono stati penalizzati gli studenti piemontesi e favoriti quelli meridionali. La dichiarazione di Cota suona provocatoria: «Perché non deve essere la terra di residenza dello studente a finanziare il suo percorso scolastico? Noi garantiremo prima a tutti i piemontesi il diritto allo studio».

Le borse di studio, tuttavia, non prevedono nei loro bandi limiti relativi ai luoghi d’origine. Su questa questione di principio, ha molte buone ragioni chi protesta contro le affermazioni del presidente della Regione. Però, da parte sua, buone ragioni ha anche Cota.
Si ricorderanno gli esiti della cosiddetta prova Invalsi resi noti solo qualche mese fa. Quella prova d’esame consiste in un testo uguale per tutti gli studenti italiani, e i risultati assolutamente oggettivi furono se non sconcertanti almeno prevedibili per chi lavora nella scuola e nell’università. Se le pagelle degli studenti meridionali erano mediamente migliori di quelle dei colleghi del Nord, la prova Invalsi dimostrò invece - oggettivamente, torno a dire - che gli studenti del Nord erano di gran lunga più bravi di quelli del Sud.
Riportiamo, ora, quest’analisi alle borse di studio che vengono date dall’Università di Torino come dalle altre sedi accademiche di città settentrionali: ricordo che l’assegnazione privilegia il profitto e il reddito: insomma, chi ha voti più alti e reddito più basso passa davanti, senza nessun’altra prova d’esame.

Dunque, è ancora così fantasiosa e provocatoria la dichiarazione di Cota? Non viene qualche dubbio che i ragazzi che hanno studiato in scuole di città settentrionali sono migliori dei colleghi che hanno frequentato scuole meridionali? Se ci rifacciamo ai risultati dell’Invalsi i dubbi spariscono subito. D’altra parte, perché penalizzare gli studenti del Sud mettendoli tutti sullo stesso piano? Tra loro ce ne sarà sicuramente più di uno eccellente che potrà essere, una volta laureato, un’opportunità sia, per esempio, per Torino, sia per la sua città meridionale d’origine dove potrà portare la propria esperienza maturata al Nord.

C’è una soluzione. Ogni sede universitaria istituisca un proprio concorso specifico con test e prove d’esame per gli studenti che intendono ottenere borse di studio: tutti sono messi allo stesso livello e giudicati con lo stesso metro. Nord e Sud non faranno più differenze. Ma c’è ancora la questione del reddito. Maliziosamente, ma non troppo, si dice che il reddito basso è di chi evade le tasse: e quindi vengono favoriti gli studenti figli di evasori (in questo caso del Sud come del Nord).

Ci si comporti allora così: le università stabiliscano che la Guardia di finanza sorteggerà un piccolo numero di concorrenti alle borse di studio a cui verrà verificato il 740 familiare: un po’ come avviene con l’antidoping nelle gare sportive. Un accordo tra gli studenti del Nord e quelli del Sud non è poi così tanto complicato.

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