RomaInizia la fase due. Svuotate le bottiglie di prosecco per festeggiare il federalismo portato in dono al nord da «Roma ladrona», la Lega è pronta a cambiare passo. «È arrivato il momento di recuperare lidentità. Da soli il più possibile» ha detto Umberto Bossi ieri ai suoi riuniti in un vero consiglio federale, per decidere le mosse padane da qui a maggio, sulle amministrative (cioè sugli equilibri con il Pdl soprattutto in Lombardia) e sulla crisi libica (immigrazione, Viminale, Maroni). La linea uscita da via Bellerio è di presentare candidati propri per le Comunali, ad eccezione dei capoluoghi e delle Province (ma su queste non è ancora detto). Salvo poi, negli eventuali ballottaggi, accordarsi con il Pdl, perché si cerca uno spazio di autonomia ma non la rottura. Però con un paletto indicato da Bossi ai suoi colonnelli e tenenti: «Nessuna alleanza con lUdc».
Sulle grandi città si confermano gli accordi di massima già presi, anche se formalmente non si sono chiuse le «liste» della Lega, cosa che dovrà fare la segreteria nazionale (cioè lombarda) del partito. Dunque ok virtuale alla Moratti candidata sindaco della coalizione Pdl-Lega, ma con un vicesindaco del Carroccio (e per questa posizione è in corsa Matteo Salvini, ma non solo lui e non senza frizioni interne). Per Varese si riconferma lavvocato leghista Attilio Fontana, sindaco uscente, mentre per la provincia di Mantova tocca alla Lega con Gianni Fava. Molto più intricato il caso di Pavia, altra Provincia alle urne che sulla carta spetterebbe al Pdl. Qui cè però uno scontro in atto tra una parte della Lega e i berlusconiani dellorbita di Giancarlo Abelli, per cui non si può escludere uno strappo leghista con una corsa solitaria, anche se è unipotesi estrema. Insomma la partita, anche in alcuni grandi centri, è aperta. Anche perché su tutto, secondo gli ordini di Bossi, si può «derogare», cioè eventualmente anche nei capoluoghi (Novara, Treviso) la Lega potrebbe andarsene da sola. Sempre che non si creino tensioni con il Pdl, cosa che Bossi vuole evitare e che ha raccomandato a tutti i capi leghisti chiamati nel quartier generale.
Ma è significativo, soprattutto, il piano di smarcamento che la Lega sta mettendo in atto, anche perché tra i Comuni non capoluogo ci sono città importanti per il centrodestra nordico, e soprattutto per il partito di Bossi (Busto Arsizio, Rho, Gallarate). Mentre fino ad oggi linput leghista era di andare sempre con il Pdl, e da soli solo quando la situazione non lo permetteva (leggi: grane locali), adesso la linea è opposta: andiamo da soli e ci uniamo al Pdl solo quando è impossibile non correre uniti (come appunto nelle grandi città tipo Milano, Torino, Bologna, dove due candidati distinti sarebbero letti come una rottura Pdl-Lega). Su Bologna peraltro il candidato unico della coalizione potrebbe essere un leghista, secondo una logica di uno a tre (due grandi comuni come Milano e Torino al Pdl, uno al Carroccio). Per il capoluogo emiliano-romagnolo il candidato della Lega è lemergente Manes Bernardini, consigliere regionale.
Quindi smarcamento e contrattazione quasi alla pari con lalleato, i tempi sono cambiati (e anche i sondaggi). È il senso delle parole che Maroni ha ripetuto anche nel consiglio federale, «siamo noi che decidiamo, non è Berlusconi che concede». La base, anche attraverso rilevamenti interni, ha chiesto di differenziarsi il più possibile dal Pdl, per rivendicare una «diversità» anche in sede elettorale. I vertici hanno recepito, mediando però con la realpolitik che non permette voli pindarici in solitaria. Ma un segnale forte è comunque uscito da via Bellerio.
Ma si è parlato anche di Libia, con Maroni che ha aggiornato i vertici sulla situazione e Bossi che ha deciso di chiedere a Berlusconi un impegno forte per il Consiglio europeo straordinario di venerdì. Uno dei temi discussi nella consueta cena ad Arcore, cui si è aggiunto anche Tremonti. La Lega resta fedele, anche alla tavola del Cavaliere. Ma quando può si smarca dal «miliardario»...
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