Brindisi ora ci ripensa: dice no all’import di gas

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da Milano

Sembrava fatta: era stato inserito tra i progetti obiettivo (quelli considerati fondamentali per lo sviluppo), c’erano tutti gli ok di Comune e Provincia di Brindisi attraverso la Conferenza dei servizi, c’era un accordo internazionale che vedeva impegnati i governi italiano e inglese, c’era un contratto tra Enel e British Gas con la costituzione di un consorzio paritario, era già stati affidati gli appalti a un pool di imprese internazionali, tra cui Tecnimont (capofila) e Ansaldo. Ma il rigassificatore di Brindisi difficilmente sarà costruito. Era già stata individuata l’area, l’avevano già cintata e avevano trovato i finanziamenti, fatti i contratti di acquisto dei materiali: dal rigassificatore sarebbero passati ogni anno fino a otto miliardi di metri cubi di gas (il combustibile più pulito di cui disponiamo), un decimo degli 80 miliardi consumati nel nostro Paese. Peccato che Comune e Provincia abbiano cambiato idea: all’ultimo momento.
Già, perché all’ultimo momento sono arrivate le elezioni, giocate anche sul no al rigassificatore: ed è nata una strana alleanza tra il Comune, dove ha vinto la destra, e la Provincia, dove ha vinto la sinistra. Senza contare che in Regione anche Nichi Vendola si è giocato la sua carta antirigassificatore durante le elezioni. Così ieri c’è stata una grande mobilitazione di ministri: quello dell’Economia, Domenico Siniscalco, delle Infrastrutture, Pietro Lunardi, dell’Ambiente, Altero Matteoli, oltre al sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Gianni Letta, ai rappresentanti di British gas e all’ad dell’Enel, Fulvio Conti per cercare una via d’uscita che al momento non c’è.
Roba da perdere la faccia urbi et orbi: un rigassificatore è un «aggeggio» che richiede un impegno finanziario imponente, senza contare che è solo l’ultimo anello di una filiera che parte dal pozzo del gas, arriva al liquidificatore, passa per le navi che lo trasportano e arriva finalmente a destinazione proprio con il rigassificatore. Nel caso di Brindisi, British Gas non solo sta costruendo il liquidificatore, ma deve anche acquisire le navi che trasportano il gas, deve stendere contratti di acquisto e di vendita, mentre all’Enel tocca un compito diverso, perché acquista il gas al rigassificatore e lo utilizza per le sue centrali o per la vendita alla clientela.
Due settimane fa c’è stato un incontro in Qatar in cui si è parlato di acquisti di gas, di contratti a lungo termine. Sono discorsi che richiedono una credibilità alle spalle: se solo un ingranaggio del meccanismo si inceppa, si ferma tutto. Compresi i mille posti di lavoro che si dovevano creare a Brindisi. C’è poi un altro aspetto.

L’Italia punta a diventare il terminale europeo del gas, facendo da ponte tra Medio Oriente e Europa e assumendo così una posizione strategica, che può diventare «pesante» in molte situazioni. Ma se si bloccano gli accessi, si blocca tutto.

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