Bruciata la discoteca gay, allarme intolleranza

RomaAdesso hanno paura. E tanta. Gli omosessuali scoprono improvvisamente una capitale intollerante alla diversità e si sentono pericolosamente soli. Soprattutto dopo l’episodio avvenuto l’altra notte quando i «soliti ignoti» hanno cercato di dare alle fiamme la discoteca «Qube», simbolo a Roma del mondo gay. E questo a distanza di pochi giorni dall’aggressione ai danni di una coppia omosessuale avvenuta al Gay Village; il cui responsabile, Alessandro Sardelli, 40enne pregiudicato romano noto col nome di «Svastichella», è stato arrestato l’altro ieri.
Intorno alle 22.15 di martedì i vigili del fuoco sono dovuti intervenire per spegnere un principio di incendio davanti all’ingresso del locale, in via di Portonaccio, nel quartiere periferico della Tiburtina. Si è trattato di un’azione dimostrativa, considerando che la discoteca in questo periodo è chiusa per lavori di ristrutturazione e gli ultimi operai erano usciti da poco. Danneggiati l’ingresso e la biglietteria, ma il denso fumo ha rovinato anche le pareti dei piani sovrastanti. Nessun dubbio sull’origine dolosa del rogo: davanti all’entrata, oltre ai vetri infranti, è stato infatti trovato del liquido infiammabile. Qualcuno insomma voleva bruciare il ritrovo più famoso della comunità omosessuale della capitale, quello per intenderci che ogni venerdì ospita la serata «Muccassassina», la principale festa gay, lesbica e transessuale di Roma. Da qui, ad esempio, è partito Vladimir Luxuria, prima di diventare parlamentare nelle file di Rifondazione comunista.
Ma se l’azione delittuosa è certa, non altrettanto può dirsi per la matrice omofoba. Lo dicono gli inquirenti, ma lo dice soprattutto la direzione stessa del locale: «Lo scorso anno ci furono aggressioni durante feste gay, noi comunque siamo chiusi per ristrutturazione. Per ora non abbiamo elementi per poter confermare il movente omofobo del gesto incendiario ai danni del nostro locale. Certamente possiamo escludere intimidazioni o pressioni di qualsiasi genere. Il nostro locale in verità non è un locale per omosessuali, da anni organizziamo solo una serata settimanale, il party “Muccassasina”, dedicato ai gay».
Il sindaco di Roma Gianni Alemanno, che pure ha ricevuto molti attestati di stima da parte dei rappresentanti di associazioni e circoli gay per la sua presa di posizione in difesa della comunità, dal Meeting di Rimini è voluto intervenire per ribadire che «non c’è assolutamente una escalation di violenza contro i gay. Roma è una città tollerante. Ci sono delle ristrette minoranze e dei soggetti pericolosi, che agiscono in nome della intolleranza sessuale. Essi vanno isolati, colpiti». E per questo chiede «una legge che introduca le aggravanti per i gesti di intolleranza sessuale».
Intanto sarà interrogato oggi a Regina Coeli dal gip Renato Laviola l’uomo arrestato con l’accusa di tentato omicidio e lesioni gravi in relazione all’aggressione a due giovani omosessuali e all’accoltellamento di uno dei due, ancora ricoverato all’ospedale Sant’Eugenio. Dino, il ragazzo ferito, ha intanto fatto sapere di voler lasciare Roma una volta guarito, perché non ha più un lavoro ma soprattutto perché a Roma «c’è una guerra.

Quello che mi è successo è un episodio che ha fatto parte di una guerra in cui è finita di mezzo anche la politica e in cui io non voglio entrare. È una guerra di razzismo perché chi ha fatto questo stanotte (l’incendio di martedì sera, ndr) certo non è dalla nostra parte».

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