Giannino della Frattina
Ad aspettarlo davanti allentrata laterale di via Dandolo ha trovato i rappresentanti della comunità filippina. Bruno Ferrante arriva mezzora dopo le dieci al seggio 93, quello della scuola di via Corridoni dove da sempre vota. Quartieri alti. Lì di fronte, al civico 41, il rampollo dellalta borghesia Ruggero Jucker seviziò a morte con un coltellino da sushi la fidanzata Alenja Bortolotto. «I filippini sono una straordinaria comunità che lavora a Milano con grande serietà», assicura lex prefetto oggi candidato del centrosinistra. In controluce lassist che gli ha regalato sabato, a tempo ormai scaduto, larcivescovo di Milano, il cardinale Dionigi Tettamanzi. Che per gli extracomunitari ha chiesto il voto, la casa e la possibilità di accedere agli incarichi pubblici. Pari pari un capitoletto del programma di Ferrante, riportato dal porporato che si fa scudo con il Vangelo. E che provoca inevitabilmente la reazione del centrodestra. «Le critiche a Tettamanzi - gli fa scudo Ferrante - sono un atto volgare. Il cardinale ha ribadito in più occasioni limportanza del diritto di voto per gli immigrati. Sono convinto che la nuova amministrazione comunale debba concedere il voto agli immigrati e per farlo nei consigli di zona basta modificare lo statuto comunale. Se li escludiamo, gli extracomunitari si sentirebbero esclusi. Potrebbero protestare e far nascere conflitti».
Intanto Ferrante vota. Insieme alla moglie in tailleur ecru. Lui indossa un completo due bottoni avana, con cravatta marrone e fazzoletto nel taschino con bordi in tinta. Ai piedi scarpe stringate. «Arriva con il codazzo», sbotta una divisa che probabilmente non ricorda con nostalgia il suo passato da prefetto. Unanziana, invece, lo riconosce e lo saluta. Lui resiste, per la verità con un certo aplomb, alla tentazione di lasciarsi andare. Nessun rischio di rompere il silenzio elettorale, come gli ha rimproverato sabato lo staff della Moratti. «Io non faccio propaganda, sono libero di passeggiare per la città, per strada, nei mercati, come qualsiasi privato cittadino. Cosa che peraltro ho sempre fatto come da mia abitudine».
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